Veterinari: rischio povertà o professione stabile?

Home Editoriali Veterinari: rischio povertà o professione stabile?
Veterinari: rischio povertà o professione stabile?

moneyDa parecchi anni testate autorevoli come il Sole24Ore riportano dati sull’occupazione e sui redditi.
Veterinaria è classificata a rischio povertà con titoli eloquenti (es. PROFESSIONI A RISCHIO POVERTÀ / VETERINARI), e con dati confermati anche dai regolari rapporti delle Casse di Previdenza, dal Ministero delle Finanze, dal Sottosegretario A. Brambilla in audizione alla Camera dei Deputati.
Se non bastasse si può fare riferimento anche all’andamento generale dei redditi dei professionisti, che ha perso quasi un quarto negli ultimi sette anni.

Nonostante questi dati siano sostanzialmente convergenti e molto chiari, tali da certificare una situazione di scarsa occupazione, basso reddito, e disastrose prospettive pensionistiche appaiono ogni anno articoli di segno diametralmente opposto. I rapporti provenienti da Almalaurea, cioè dal modo accademico, non rispecchiano quanto emerge dalle citate fonti documentali.

Si parla nel caso di veterinaria di occupazione altissima, stabilità del lavoro e redditi più che soddisfacenti. Almalaurea ricava i suoi rapporti da sondaggi tra i neo laureati, dove i parametri sono molto diversi. Ovviamente, se consideriamo “occupato” chiunque svolga un attività anche occasionale e non attinente alla laurea; se il lavoro autonomo con partita IVA viene considerato sinonimo di occupazione stabile mentre è l’ultima spiaggia di chi non ha alcun’altra opzione di lavoro subordinato; se il reddito è buttato lì senza alcuna distinzione tra netto e lordo o forse, è solo un auspicio… veterinaria può essere persino una professione appetibile.

Il fascino del “numero chiuso” (il proibito) ed il sex appeal della cura degli animali fanno il resto ma possibile che nessuno osi discuterne: da una o dall’altra parte qualcuno sta sbagliando. Questo sbaglio costa allo Stato laureati disoccupati e alle famiglie investimenti fallimentari.

Speriamo dunque che a qualcuno venga in mente di verificare se non vi sia una specie di “pubblicità ingannevole” nel fornire da una parte o dall’altra dati tanto confliggenti. Speriamo che le Redazioni più attente si pongano il problema di non produrre delle informazioni di senso opposto e che a qualcuno venga in mente di fare chiarezza e fornire dati basati su evidenze e non su questionari.

Per programmare qualsiasi cosa occorre partire da dati di base corretti, tanto più questo dovrebbe valere per chi orienta il futuro di una vita. Sempre che informazioni puntuali per l’orientamento universitario non rappresentino un problema nello Stato Europeo che da solo ospita un quarto delle sedi di veterinaria dell’intera Unione allargata.

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato