PIANO SANITARIO NAZIONALE 98/2000 PARTE 3

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Obiettivo V Portare la sanità italiana in Europa. L’obiettivo V del Piano sanitario nazionale 1998-2000 individua le aree che dal punto di vista programmatorio, organizzativo e gestionale richiedono, più di altre, uno sforzo di adeguamento al contesto ed al livell dell’Unione Europea. I divari, rispetto al resto dell’Europa, riguardano settori di attività e processi …

Obiettivo V Portare la sanità italiana in Europa. L’obiettivo V del Piano sanitario nazionale 1998-2000 individua le aree che dal punto di vista programmatorio, organizzativo e gestionale richiedono, più di altre, uno sforzo di adeguamento al contesto ed al livell dell’Unione Europea. I divari, rispetto al resto dell’Europa, riguardano settori di attività e processi organizzativi il cui superamento richiede un profondo cambiamento culturale oltre che di razionalizzazione. Trapianti L’attività di trapianto di organi in Italia, sicuramente ai livelli qualitativi dei paesi con i più elevati standard di prestazione, è ancora lontana dai livelli quantitativi degli altri paesi della Unione Europea e in ogni caso insufficiente a soddisfare le lunghe liste di attesa. La situazione è caratterizzata da un limitato numero di donatori (nonostante il notevole aumento degli ultimi cinque anni: nel 1996 i donatori sono stati 11 per milione di abitanti), da una diseguale distribuzione sul territorio dell’attività di prelievo e di trapianto e da un elevato ricorso a strutture all’estero (anche per quelle tipologie di trapianti per le quali l’esperienza acquisita dai centri italiani è mediamente comparabile con quella del resto dell’Europa). Il fabbisogno di trapianti è destinato a crescere nel corso dei prossimi anni per effetto di numerosi fattori fra i quali le aumentate possibilità di intervento e il progressivo allargamento delle indicazioni cliniche al trapianto. Per gli interventi per i quali il trapianto costituisce una soluzione da privilegiare anche sotto il profilo dell’allocazione delle risorse (perché alternativo a trattamenti a più elevato rapporto costo efficacia, come nel caso del rene), l’aumento dell’attività di trapianto potrebbe contribuire al perseguimento di obiettivi di più efficiente utilizzo delle risorse. La causa principale dell’insufficiente numero di trapianti risiede nella non adeguata organizzazione sia delle attività dei centri ospedalieri sia dei coordinamenti regionale e nazionale. La cultura della donazione di organi è ancora poco diffusa fra la popolazione, così come fra gli operatori sanitari. Particolare attenzione va riservata alla organizzazione e alla formazione dei centri di prelievo, in modo tale che i potenziali donatori siano individuati e adeguatamente gestiti. Di primaria importanza è anche il potenziamento dei centri di rianimazione. Alla luce di tali considerazioni, il Psn 1998-2000 si propone di sviluppare le attività di trapianto e di migliorare la qualità degli interventi. In particolare, sono indicati i seguenti obiettivi da privilegiare: Aumentare il numero di trapianti e ridurre il numero di quelli effettuati all’estero. Migliorare l’identificazione dei potenziali donatori di organi ed aumentare la disponibilità di organi idonei per il trapianto. Migliorare la sicurezza e la qualità degli organi (e dei tessuti) prelevati a scopo di trapianto. Ridurre la mortalità delle persone in lista di attesa e ampliare contestualmente le liste di attesa. Aumentare la sopravvivenza e migliorare la qualità della vita dei trapiantati. A tal fine, sono indicate le seguenti azioni da privilegiare: – istituzione di un Registro Italiano dei Trapianti, anche allo scopo di favorire la diffusione delle informazioni e la conoscenza delle diverse realtà territoriali; – riorganizzazione della rete delle rianimazioni e verifica della loro attività con riguardo alla identificazione dei potenziali donatori; – individuazione e sviluppo di centri di eccellenza, in particolare per i trapianti rari e multiorgano; – definizione dei criteri di accettazione in lista di attesa in grado di realizzare una maggiore uniformità fra le diverse aree territoriali; – attuazione di campagne di informazione e di sensibilizzazione rivolte ai cittadini e agli operatori sanitari ad incentivazione delle donazioni; – potenziamento dell’attività dei trapianti pediatrici. Riabilitazione La riabilitazione è un terreno elettivo per gli approcci multidimensionali, plurispecialistici e per l’integrazione dei diversi interventi, da realizzare valorizzando la continuità terapeutica in modo da iniziare la riabilitazione in fase precoce, facilitare il recupero di competenze funzionali e lo sviluppo di competenze sostitutive, e da porre in essere soluzioni efficaci per garantire l’autonomia possibile, con particolare attenzione all’area dell’età evolutiva, degli anziani e dei neurolesi post traumatici. L’assistenza riabilitativa, comprendente strutture e servizi a diversi livelli (distrettuale, sovra-distrettuale e multizonale) e con diverse modalità di organizzazione dell’offerta (ospedaliera ed extraospedaliera, di natura residenziale e semi-residenziale), deve garantire la valutazione del bisogno e l’inquadramento diagnostico sulla base di programmi terapeutici e riabilitativi validati da evidenze scientifiche di efficacia. In sede ospedaliera gli interventi devono essere organizzati in modo che la riabilitazione venga garantita ed effettuata o in reparti autonomi muniti di posti letto oppure con servizi di Recupero e Riabilitazione Funzionale afferenti alle diverse unità operative ed in lungodegenze finalizzate al recupero ed alla riabilitazione funzionale. Per quanto riguarda i reparti di alta specialità riabilitativa (quali ad esempio le unità spinali unipolari, i reparti per gravi T.C.E. e cerebrolesioni acquisite) la riabilitazione è parte integrante dell’organizzazione di tali unità operative. L’analisi dei profili di consumo di risorse e di costo associati ai diversi tipi di intervento potrà consentirne valutazioni sistematiche, anche al fine di pervenire ad una tariffazione per livelli e per tipologie di intervento. La natura dei bisogni riabilitativi richiede un costante impegno a garantire integrazione tra interventi, attraverso l’attivazione di circuiti riabilitativi finalizzati alla continuità ed efficacia assistenziale, stabilendo collegamenti organici tra prestazioni ospedaliere ed extraospedaliere e tra assistenza sanitaria e sociale. La riorganizzazione dell’attività di riabilitazione deve rispondere ai seguenti obiettivi generali: – garantire la continuità assistenziale, assicurando l’organica collocazione della riabilitazione nel circuito “prevenzione, cura e riabilitazione”; – assicurare l’efficacia delle prestazioni rese; – articolare i livelli di intensità delle prestazioni tenuto conto della natura dei bisogni. A tal fine, costituiscono obiettivi strumentali: – la precisazione e la qualificazione delle funzioni dei diversi soggetti erogatori (pubblici e privati); – il riassetto complessivo del settore per quanto attiene alle funzioni riabilitative di tipo intensivo (in ambiente ospedaliero ed extraospedaliero), alle funzioni riabilitative intermedie di tipo estensivo e alla gestione della lungodegenza post-acuzie. I piani regionali devono assumere obiettivi di natura gestionale e professionale: – realizzando riconversioni e riequilibrando gli interventi in rapporto alle diverse funzioni riabilitative; – mettendo in grado i diversi centri di responsabilità di migliorare gli interventi; – attuando forme di monitoraggio sistematico di efficienza e di efficacia; – verificando con parametri misurabili il livello di adeguatezza tecnica e tecnologica delle strutture; – incentivando le integrazioni funzionali fra le diverse unità operative interessate, al fine di garantire continuità assistenziale nel rapporto tra cura e riabilitazione; – promuovendo progetti di inserimento lavorativo e sociale. I centri socio-riabilitativi e le residenze sanitarie-assistenziali sono strutture che erogano prestazioni integrate, ovvero tali da rendere compresenti professioni di diversa natura. Gli esiti di miglioramento funzionale e di mantenimento delle abilità dovranno essere oggetto di valutazioni sistematiche. Innovazione tecnologica La realtà italiana delle tecnologie sanitarie è caratterizzata da una elevata vetustà delle apparecchiature (l’età media del patrimonio tecnologico del Ssn è di oltre 8 anni) e da una diseguale distribuzione all’interno del territorio nazionale. In termini quantitativi, la dotazione complessiva è sostanzialmente prossima a quella del resto dell’Europa, con valori talvolta anche decisamente superiori alla media europea. Il settore risente inoltre della progressiva obsolescenza tecnologica degli impianti e delle attrezzature, fenomeno tipico del settore e comune a tutti i paesi sviluppati. Il Psn 1998-2000 si pone i seguenti obiettivi generali: – individuazione delle priorità di sviluppo delle nuove tecnologie, tenuto conto della necessità di un contestuale rinnovo della base tecnologica esistente e di una diffusione programmata delle alte tecnologie; – dismissione delle strutture obsolete e ricostituzione delle dotazioni strutturali, impiantistiche e tecnologiche; – sviluppo sistematico delle procedure di valutazione delle tecnologie e delle loro ricadute organizzativo-gestionali; – piena valorizzazione del parco tecnologico esistente, attraverso l’utilizzo integrato nei percorsi diagnostico terapeutici e l’impiego intensivo, in termini di orari, delle attrezzature disponibili; – miglioramento dei processi di gestione e di manutenzione delle apparecchiature biomediche; – coinvolgimento e responsabilizzazione degli operatori nei processi di introduzione e gestione delle nuove tecnologie. Con riferimento agli obiettivi di sicurezza delle apparecchiature e delle tecnologie si rinvia a quanto indicato nella parte II del Psn, al paragrafo “La sicurezza delle strutture sanitarie”. Costituiscono azioni da sviluppare nei piani regionali e aziendali: – inventariazione e valutazione delle tecnologie esistenti, dal punto di vista dello stato delle apparecchiature e del loro utilizzo; – adozione di sistemi di incentivazione alla dismissione delle apparecchiature obsolete; – definizione di programmi regionali co-finanziati (Stato, Regioni e Aziende Sanitarie) relativi ai settori ad elevato investimento tecnologico, in ragione del fabbisogno accertato nel bacino regionale e per l’eventuale creazione di centri di eccellenza interregionali di riferimento;- promozione coordinata, anche a livello regionale, della ricerca applicata per la sperimentazione e la valutazione tecnica e clinica delle nuove tecnologie; – piena responsabilizzazione economica delle istituzioni remunerate a prestazione relativamente alla ricostituzione e all’ammodernamento della base tecnologica, in coerenza con il principio di aziendalizzazione dei servizi sanitari. Con specifico riferimento alla rete dei laboratori diagnostici, costituisce obiettivo del Psn 1998-2000 l’adeguamento della rete dei laboratori ai princìpi di qualità, efficacia ed efficienza produttiva. Sono in particolare indicati i seguenti obiettivi: – realizzazione di un collegamento di rete, specifico per tipologie di laboratori specializzati; – sviluppo di programmi di controllo di qualità dei laboratori; – garanzia di contenimento dei costi di produzione. Sorveglianza delle patologie rare Il numero di malattie rare (frequenza variabile da 1:20.000 a 1:200.000) attualmente conosciute è di circa 5.000, pari al 10% delle patologie umane. La frequenza complessiva nella popolazione generale è di un caso ogni 1.000 abitanti: il peso che ne risulta per la comunità è quindi elevato. La peculiarità delle malattie rare risiede nel fatto che esse richiedono un’assistenza specialistica e continuativa di dimensioni tali da non poter essere sopportata senza un importante intervento pubblico. Il Piano sanitario nazionale 1998-2000 si propone di rafforzare le iniziative volte a garantire: – una diagnosi appropriata e tempestiva; – un pronto riferimento per i programmi terapeutici ai centri specialistici; – una promozione delle attività di prevenzione; – un sostegno alla ricerca scientifica, con particolare riferimento allo sviluppo di nuove terapie. La specificità delle patologie rare richiede inoltre uno stringente coordinamento delle diverse iniziative in atto. Gli interventi prioritari da realizzare per triennio 1998-2000 sono: – identificazione di centri nazionali di riferimento per patologie e costituzione di una rete di presidi ospedalieri ad essi collegati, per la diagnosi ed il trattamento di singole (o gruppi di) patologie rare; – avvio di un programma nazionale di ricerca, finalizzato al miglioramento delle modalità di prevenzione, diagnosi precoce e assistenza, nonché all’identificazione di nuovi approcci terapeutici; – sviluppo di interventi diretti al miglioramento della qualità delle vita dei pazienti affetti da patologie rare; – realizzazione di programmi di informazione ai pazienti affetti da patologie rare ed alle loro famiglie; – programmazione di acquisizione di farmaci specifici, al fine di migliorare l’approvvigionamento presso i pazienti e i loro familiari. Autosufficienza del sangue e degli emoderivati I principali obiettivi dell’attuale sistema trasfusionale nazionale, coerenti con le “Raccomandazioni” del Consiglio d’Europa, sono: – l’autosufficienza nazionale di sangue ed emoderivati, basata sulla donazione volontaria, periodica e gratuita; – il contributo all’autosufficienza europea ed alle iniziative per la cooperazione internazionale a favore dei Paesi Terzi; – il raggiungimento di condizioni uniformi di assistenza trasfusionale; – la riduzione del rischio trasfusionale. Poiché esistono squilibri tra regioni eccedentarie e regioni carenti, è necessario un riorientamento della programmazione nazionale e regionale verso la domanda. Alla luce di tali considerazioni il Psn 1998-2000 si propone di sviluppare la strategie generale dell’autosufficienza e migliorare la qualità degli interventi. In particolare sono indicati i seguenti obiettivi da privilegiare: – aumentare sia il numero dei donatori volontari periodici sia l’indice di donazione; – ridimensionare le donazioni occasionali in quanto comportano un rischio più alto di trasmissione trasfusionale di malattie infettive; – razionalizzare il ricorso alla trasfusione solo quando ne esiste una precisa indicazione ed impiegando ogni volta che sia possibile la trasfusione di sangue autologo o autotrasfusione. A tal fine, sono indicate le seguenti azioni da privilegiare: – attivare adeguati strumenti di coordinamento nazionale e di governo del sistema in quanto l’autosufficienza rappresenta un interesse nazionale non frazionabile; – definire un efficace meccanismo di compensazione tra Regioni e Aziende sanitarie; – definire un nuovo flusso informativo cui ogni Regione dovrà fare riferimento nel predisporre i programmi inerenti le attività trasfusionali; – razionalizzare la rete trasfusionale attraverso una organizzazione funzionale di tipo dipartimentale; – attuare iniziative dirette a sensibilizzare l’opinione pubblica sui valori umani e solidaristici della donazione del sangue e a promuovere l’abitualità della donazione quale fattore di riduzione dei rischi connessi con la raccolta di sangue da donatori occasionali; – sviluppare un programma di emovigilanza;- garantire, per la medicina trasfusionale, un livello uniforme di assistenza sull’intero territorio nazionale, e per l’intera collettività al fine di assicurare servizi accreditati secondo criteri uniformi sia per gli aspetti strutturali sia per quelli organizzativi; – definire ed attuare specifici programmi di buon uso del sangue e di razionalizzazione dei consumi. Sanità pubblica veterinaria L’attuazione del mercato unico e gli accordi internazionali nell’ambito dell’Organizzazione Mondiale del Commercio hanno indotto e continuano a produrre profonde modificazioni dello scenario di riferimento della sanità degli animali e dei loro prodotti. La globalizzazione degli scambi oggi impone che le azioni di prevenzione e controllo della salute degli animali e della salubrità degli alimenti di origine animale siano impostate e gestite prendendo a riferimento uno scenario di livello internazionale. Una tutela dei consumatori e delle popolazioni animali efficace ed efficiente richiede una capacità nuova di integrazione funzionale delle azioni di prevenzione e controllo tra livelli territoriali locali, nazionale e comunitari. Tale integrazione è indispensabile per continuare ad assicurare gli elevati livelli di prestazione dei servizi di sanità pubblica veterinaria, per i quali l’Italia è oggi considerata da molti paesi uno dei principali punti di riferimento. Data l’integrazione dei sistemi di produzione e distribuzione, la funzione di tutela può essere assicurata solo da servizi che operino secondo livelli omogenei di alta qualità. A tal fine è obiettivo primario l’accreditamento dei servizi e dei laboratori di Sanità pubblica veterinaria secondo norme di assicurazione della qualità. Costituisce azione di supporto, l’adeguamento del sistema informativo e la sua integrazione a livello nazionale, anche come fase propedeutica all’integrazione in ambito dell’Unione Europea. Non è inoltre più procrastinabile, anche ai sensi della direttiva comunitaria 97/12/Unione Europea, l’istituzione di un sistema di sorveglianza epidemiologica veterinaria nazionale, in grado di fornire un quadro trasparente ed affidabile del livello igienico sanitario degli alimenti di origine animale e dello stato di salute delle popolazioni animali, completando l’attuazione delle Linee guida in materia di riorganizzazione della sanità pubblica veterinaria. Come richiesto dalle nuove indicazioni dell’Unione Europea in materia di tutela sanitaria dei consumatori, l’analisi dei rischi è azione propedeutica alla programmazione di interventi finalizzati alla diminuzione ed alla eliminazione dei rischi (anziché alla mera constatazione delle infrazioni od alla semplice valutazione del danno). In sede specifica sono necessarie attività programmate di sorveglianza delle encefalopatie spongiformi trasmissibili degli animali (Tse) per garantire il mantenimento dell’attuale favorevole situazione sanitaria nei confronti della Bse. Un’efficace protezione dello stato sanitario dell’Unione dipende anche dallo stato sanitario delle popolazioni dei Paesi terzi, con i quali l’Unione ha rapporti di scambio. Particolare importanza in tale contesto assumono i Paesi dell’Est ed i Paesi dell’area mediterranea. A tal fine è necessario sviluppare azioni di cooperazione in sanità pubblica veterinaria. Le attività di formazione sono strategiche per realizzare servizi di qualità. La responsabilità di definire i fabbisogni formativi, in termini di addestramento e di formazione permanente dei veterinari pubblici, è compito dei competenti servizi che dovranno dedicare alle attività di formazione risorse adeguate: a tal fine le azioni più urgenti sono il collegamento coerente tra fabbisogni dei servizi e piani di studio delle Università ed un deciso incremento di corsi di formazione sulla applicazione delle regole comunitarie e degli accordi con i Paesi Terzi. Sistema informativo sanitario Il Sistema Informativo Sanitario (Sis) deve soddisfare esigenze diversificate relativamente ai contenuti delle informazioni ed ai suoi destinatari (cittadini, operatori e responsabili della gestione ai diversi livelli del sistema). L’esercizio dei diritti dei cittadini nei confronti del sistema sanitario così come la loro responsabilizzazione rispetto alla salute richiedono informazioni accurate, tempestive e comprensibili relativamente ai servizi disponibili, al loro funzionamento e ai loro risultati. Le decisioni sull’organizzazione e sullo sviluppo dei servizi sanitari, così come i programmi di miglioramento della qualità, devono disporre delle informazioni relative ai risultati attesi e a quelli raggiunti, alle risorse necessarie e a quelle effettivamente impegnate. Lo sviluppo di un efficace sistema informativo presenta pertanto una forte esigenza di flessibilità e di coordinamento dei numerosi sistemi informativi operanti a livello locale, regionale e centrale relativamente alla salute, all’attività dei servizi sanitari e ai loro costi. L’informazione sanitaria corrente è basata principalmente su flussi informativi settoriali ed incentrati sulla descrizione del sistema di offerta. Tali sistemi, pur costituendo una insostituibile base di conoscenza, non soddisfano appieno le esigenze informative di un sistema sanitario moderno, le quali impongono l’integrazione dei diversi flussi informativi correnti fra di loro e con i sistemi di sorveglianza finalizzati e con le indagini campionarie di popolazione. Lo sviluppo delle tecnologie rende possibile l’utilizzo dell’informazione al livello più vicino a quello ove il dato viene prodotto e aumenta la qualità dei sistemi informativi perché rafforza la partecipazione di chi raccoglie le informazioni. Sulla base di tali considerazioni, il Piano sanitario nazionale 1998-2000 pone l’obiettivo di ridisegnare il Sistema Informativo Sanitario per renderlo più efficiente ed efficace rispetto alle esigenze di governo del Ssn e ai suoi doveri di trasparenza nei confronti dei cittadini. La ristrutturazione del Sis si dovrà fondare sui seguenti princìpi generali: – definizione dei bisogni informativi dei diversi utilizzatori; – sviluppo di sistemi orientati al risultato finale del servizio sanitario, in termini di stato di salute, qualità della vita, soddisfazione dei pazienti; – integrazione tra i diversi sistemi informativi sanitari e fra questi e gli altri sistemi informativi della Pubblica Amministrazione (anagrafi comunali, Inps, Inail, ecc.) in un’ottica di interoperabilità funzionale; – potenziamento dei sistemi informativi a livello locale e sviluppo di connessioni di rete; – sviluppo del sistema di garanzia e tutela; – adozione di protocolli di raccolta e elaborazione dei dati che soddisfino le esigenze locali e siano compatibili con le necessità informative centrali; – valorizzazione e diffusione del patrimonio informativo del Sis. Gli obiettivi di salute che il Psn intende perseguire implicano un bisogno informativo costante che può essere colmato attraverso l’uso integrato di flussi informativi correnti, favoriti da soluzioni telematiche, sistemi di sorveglianza specifici e indagini di popolazione. A tal fine, il sistema di indagini multiscopo sulla famiglia dell’Istat deve essere valorizzato, attraverso un’integrazione delle informazioni rilevate e una estensione del campione di famiglie intervistate, tenuto conto dei bisogni di programmazione e valutazione sanitaria a livello nazionale e a livello locale. In particolare è necessario che la parte dell’indagine annuale riguardante la salute e il ricorso ai servizi sanitari risulti idonea a monitorare gli obiettivi di piano suscettibili di effetti su scala annuale e triennale e che l’indagine speciale sia particolarmente orientata alla rilevazione degli indicatori di salute, di atteggiamento e comportamento e di uso dei servizi, non altrimenti misurabili. Tab. 1 – Tendenze e traguardi Obiettivo I: Promuovere comportamenti e stili di vita per la saluteAlimentazioneRidurre l’energia derivante dai grassi a non più del 30% dell’apporto calorico quotidiano.Ridurre l’energia derivante da grassi saturi a meno del 10% dell’apporto calorico quotidiano.Aumentare l’energia derivante da carboidrati ad almeno il 55% dell’apporto calorico quotidiano.Ridurre la quota di energia derivante dallo zucchero a meno del 10% dell’apporto calorico quotidiano.Ridurre la quantità quotidiana di sale da cucina a meno di 6 grammi.Ridurre la prevalenza di persone obese.FumoRidurre la prevalenza di fumatori di età superiore ai 14 anni a non più del 20% per gli uomini e del 10% per le donne.Ridurre a zero la frequenza delle donne che fumano in gravidanza.Ridurre la prevalenza di fumatori fra gli adolescenti.Ridurre il numero medio di sigarette fumate quotidianamente.Alcol Ridurre del 20% la prevalenza dei consumatori che eccedono i 40 grammi/die di alcol per i maschi, e i 20 grammi/die per le donne.Ridurre del 30% la prevalenza di consumatori di bevande alcoliche fuori pasto.Attività fisicaAumentare del 10% la prevalenza di persone che praticano regolarmente attività fisico-sportiva nel tempo libero.Aumentare almeno del 10% la prevalenza di anziani che praticano regolarmente attività fisico-sportiva nel tempo libero.Obiettivo II: Contrastare le principali patologieMalattie cardio e cerebrovascolariRidurre di almeno il 10% la mortalità da malattie ischemiche del cuore.Ridurre di almeno il 10% la mortalità da malattie cerebrovascolari.Ridurre le diseguaglianze in termini di mortalità fra aree geografiche e fra gruppi sociali.Migliorare la qualità della vita del paziente affetto da patologie cardio e cerebrovascolari.TumoriRidurre la mortalità totale da tumori maligni del 10% per gli uomini e del 5% per le donne.Ridurre la mortalità da tumore del polmone del 10% per i maschi e stabilizzarla per le donne.Ridurre la mortalità da tumore della mammella del 5%.Ridurre la mortalità da tumore dello stomaco del 10%.Stabilizzare la mortalità da tumore del colon-retto.Ridurre la mortalità da tumore della cervice dell’utero del 10%.Ridurre le differenze di sopravvivenza relative ai tumori maligni all’interno del territorio nazionale.Ridurre le diseguaglianze fra classi sociali per i principali tumori in termini di incidenza, sopravvivenza e mortalità.Migliorare la qualità della vita del paziente oncologico. Malattie infettive Raggiungere, oltre a quanto previsto in materia di vaccinazioni obbligatorie, almeno il 95% di copertura vaccinale per la popolazione di età inferiore ai 24 mesi, anche immigrata, per Morbillo, Rosolia, Parotite, Pertosse, Haemophilus influenzae.Raggiungere il 75% di copertura vaccinale contro l’influenza per la popolazione al di sopra dei 64 anni.Monitorare gli effetti indesiderati di tutte le vaccinazioni.Eradicare il virus della Poliomielite. Monitorare l’esito del trattamento della TBC. Ridurre l’incidenza delle infezioni ospedaliere di almeno il 25%.Incidenti e malattie professionaliRidurre la mortalità da incidenti stradali del 20%.Ridurre la mortalità da incidenti stradali nella classe di età 15 – 24 anni di almeno il 20%.Ridurre le menomazioni gravi permanenti da incidenti stradali.Ridurre il numero di infortuni domestici, in particolare fra le categorie più a rischio.Ridurre la frequenza degli infortuni sul lavoro del 10%. Ridurre la frequenza degli infortuni sul lavoro nei settori produttivi a maggior rischio e per i casi più gravi.Ridurre il numero di malattie correlate al lavoro.Obiettivo III: Migliorare il contesto ambientaleAriaMigliorare la qualità dell’aria atmosferica.AcquaAumentare la disponibilità di acqua potabile per abitante e la percentuale di popolazione servita da acquedotto.Incrementare l’avviamento alla depurazione dei carichi inquinanti depurabili non depurati.Ridurre la quantità dei reflui non depurati riversati direttamente nei corpi idrici.AlimentiRidurre l’incidenza delle malattie causate da e con alimenti e potenziare il sistema di sorveglianza continua.RadiazioniRidurre la concentrazione di radon nelle abitazioni e nei luoghi chiusi.Ridurre il rischio da esposizione a radiazioni ionizzanti da indagini cliniche di radiodiagnostica e medicina nucleare.Rilevare sistematicamente i dati di contaminazione radioattiva a seguito di incidenti nucleari.Ridurre il rischio connesso all’esposizione alle radiazioni ultraviolette.Prevenire gli effetti dei campi a 50 Hz e dei campi elettromagnetici a radiofrequenza e microonde.Informare correttamente la popolazione sulle problematiche delle radiazioni.RifiutiPotenziare le attività mirate alla prevenzione dei danni.Obiettivo IV: Rafforzare la tutela dei soggetti deboli Immigrati Garantire uniformità di accesso all’assistenza sanitaria in tutto il territorio nazionale, secondo la normativa vigente. Estendere la copertura vaccinale garantita alla popolazione italiana alla popolazione immigrata.Tossico-dipendentiRidurre la mortalità e la morbosità legate alla tossicodipendenza e/o all’abuso di sostanze.Aumentare la quota di consumatori in contatto con il sistema di assistenza e ridurre la durata media di uso di sostanze prima del contatto.Aumentare la quota di soggetti che iniziano e completano i trattamenti e recuperano un accettabile livello di integrazione sociale.Salute mentaleMigliorare la qualità della vita e l’integrazione sociale dei soggetti con malattie mentali.Ridurre l’incidenza dei suicidi nella popolazione a rischio per problemi di salute mentale. Fasi della vita e saluteRidurre la mortalità perinatale e infantile almeno all’8 per mille in tutte le regioni.Prevenire i comportamenti a rischio in età pre-adolescenziale e adolescenziale.Prevenire le cause di disabilità mentale, sensoriale e plurima.Prevenire i casi di disagio psichico e sociale nell’infanzia e nell’adolescenza.Promuovere la procreazione cosciente e responsabile.Promuovere la prevenzione e il controllo delle malattie genetiche.Promuovere il mantenimento e il recupero dell’autosufficienza nell’anziano.Adottare politiche di supporto alle famiglie con anziani bisognosi di assistenza a domicilio. Promuovere l’assistenza continuativa e integrata a favore degli anziani.Potenziare e qualificare l’assistenza a favore delle persone nella fase terminale della vita. Obiettivo V: Portare la sanità italiana in EuropaTrapiantiAumentare il numero di trapianti e ridurre il numero di trapianti effettuati all’estero. Migliorare l’identificazione dei potenziali donatori e aumentare la disponibilità di organi idonei per il trapianto.Migliorare la sicurezza e la qualità degli organi (e dei tessuti) prelevati a scopo di trapianto.Ridurre la mortalità in lista di attesa.Aumentare la sopravvivenza e migliorare la qualità della vita dei trapiantati.RiabilitazioneGarantire continuità assistenziale.Assicurare l’efficacia delle prestazioni rese.Articolare i livelli di intensità delle prestazioni tenuto conto della natura dei bisogni.Innovazione tecnologicaIndividuare le priorità di sviluppo delle nuove tecnologie.Dismettere le strutture obsolete e ricostituire le dotazioni strutturali, impiantistiche e tecnologiche.Sviluppare le procedure di valutazione delle tecnologie.Migliorare l’utilizzo delle dotazioni esistenti e dei processi di gestione e manutenzione delle apparecchiatur biomediche.Coinvolgere gli operatori nei processi di introduzione e gestione delle nuove tecnologie.Adeguare le apparecchiature e le tecnologie alle disposizioni di sicurezza.Adeguare la rete dei laboratori diagnostici.Sorveglianza patologie rareGarantire diagnosi tempestive e pronto riferimento ai centri specialistici per la terapia. Sviluppare l’attività di prevenzione.Sostenere la ricerca.Autosufficienza sangue e emoderivati Aumentare il numero dei donatori volontari periodici e l’indice di donazione e ridimensionare le donazioni occasionali.Razionalizzare il ricorso alla trasfusione e impiegare ove possibile la trasfusione di sangue autologo.Sanità pubblica veterinariaProcedere all’accreditamento dei servizi e dei laboratori di sanità pubblica veterinaria.Sviluppare il sistema informativo e integrarlo anche a livello internazionale. Sviluppare le attività e gli interventi finalizzati alla riduzione dei rischi.Sviluppare le azioni di cooperazione internazionale in materia di tutela sanitaria.Sviluppare le attività di formazione.Sistema informativo sanitario Sviluppare sistemi orientati al risultato finale del servizio sanitario.Integrare i diversi sistemi informativi sanitari, fra loro e con i sistemi informativi della Pubblica amministrazione.Potenziare i sistemi informativi a livello locale e sviluppare connessioni di rete.Migliorare i protocolli di raccolta e di elaborazione dei dati.Valorizzare e diffondere il patrimonio informativo sanitario. Parte II Le strategie per il cambiamento Le garanzie del Ssn Strumenti per la garanzia dei livelli di assistenza Il perseguimento degli obiettivi di tutela Un programma nazionale e per la qualità La sicurezza nelle strutture sanitarie L’integrazione tra assistenza sanitaria e sociale La gestione delle risorse umane Ricerca, sperimentazione e sviluppo Allegato Le garanzie del Ssn Il sistema delle garanzie del Ssn si esprime operativamente nel processo di individuazione e specificazione dei livelli di assistenza, che si articola nei seguenti momenti essenziali: – l’esplicitazione dei princìpi che guidano la definizione delle garanzie che il Ssn assume e si impegna a rispettare; – l’articolazione delle funzioni e delle aree di attività comprese nei livelli di assistenza; – la precisazione degli interventi e delle prestazioni da assicurare e l’individuazione dei criteri di appropriatezza dell’utilizzo dei servizi da parte dei cittadini e dei prescrittori; – la determinazione della quota capitaria di finanziamento necessaria per la garanzia dei livelli di assistenza; – la determinazione del fabbisogno complessivo del Ssn compatibile con le disponibilità finanziarie; – la definizione degli strumenti operativi per il governo dei livelli di assistenza. Tutte le esperienze internazionali fin qui disponibili dimostrano che la definizione dei livelli di assistenza è un obiettivo socialmente e tecnicamente molto complesso, nonché in continuo divenire, in quanto deve tenere conto del progresso scientifico e della innovazione tecnologica che influenzano le valutazioni di efficacia e di appropriatezza delle prestazioni. Il Piano sanitario nazionale 1998-2000 indica, pertanto, i princìpi ed i criteri generali, rinviando alla elaborazione di specifiche linee di indirizzo le specifiche definizioni operative relative ai diversi settori di attività. I princìpi guida Il Piano sanitario nazionale 1998-2000 definisce i livelli di assistenza alla luce dei princìpi ispiratori del Servizio sanitario nazionale: – il principio della dignità umana, in base al quale ogni persona ha uguale dignità e uguali diritti, a prescindere dalle caratteristiche personali e dal ruolo svolto nella società; – il principio della salvaguardia, in base al quale lo stato di salute della persona va tutelato prima che possa essere pregiudicato; – il principio del bisogno, in base al quale tutte le persone in condizione di bisogno hanno diritto all’assistenza e le risorse disponibili devono essere prioritariamente indirizzate a favore delle attività in grado di rispondere ai bisogni primari della popolazione; – il principio della solidarietà nei confronti dei soggetti più vulnerabili, in base al quale le risorse devono essere prioritariamente utilizzate a favore dei gruppi di popolazione, delle persone e delle condizioni che presentano bisogni rilevanti in termini sociali e clinico-epidemiologici; – il principio dell’efficacia e dell’appropriatezza degli interventi, in base al quale le risorse devono essere indirizzate verso le prestazioni la cui efficacia è riconosciuta in base alle evidenze scientifiche e verso i soggetti che maggiormente ne possono trarre beneficio; – il principio dell’efficienza produttiva, in base al quale nella scelta fra differenti modalità di organizzazione dell’offerta e fra differenti tipologie di attività devono essere privilegiati gli interventi che, a parità di risultato, garantiscono un uso ottimale delle risorse; – il principio dell’equità, in base al quale deve essere assicurata la rimozione delle barriere geografiche ed economiche che ostacolano il ricorso all’assistenza sanitaria da parte dei cittadini e devono essere colmati i divari informativi e comportamentali che discriminano le persone e i gruppi di popolazione nei confronti della salute, in modo da garantire eguali opportunità di accesso e di assistenza, a parità di bisogno. I livelli essenziali di assistenza I livelli di assistenza sanitaria definiscono le garanzie che il Ssn si impegna ad assicurare nei confronti dei cittadini, al fine di realizzare la coerenza fra l’obiettivo generale di tutela della salute e il finanziamento a disposizione del Servizio sanitario nazionale (art. 1, c. 1, D.Lgs. n. 502/1992 e successive modifiche e integrazioni; Psn 1994-96). Il Piano sanitario nazionale 1998-2000 individua nei livelli essenziali di assistenza l’ambito delle garanzie che il Ssn siimpegna ad assicurare in condizioni di uniformità sul territorio nazionale alla totalità dei cittadini. Sono definiti essenziali i livelli di assistenza che, in quanto necessari (per rispondere ai bisogni fondamentali di promozione, mantenimento e recupero delle condizioni di salute della popolazione) ed appropriati (rispetto sia alle specifiche esigenze di salute del cittadino sia alle modalità di erogazione delle prestazioni), debbono essere uniformemente garantiti su tutto il territorio nazionale e all’intera collettività, tenendo conto delle differenze nella distribuzione delle necessità assistenziali e dei rischi per la salute. L’effettiva garanzia dei livelli essenziali di assistenza implica una riorganizzazione del sistema che permetta il riequilibrio all’interno del Ssn fra i diversi settori di intervento. Particolare impegno deve essere dedicato alla riallocazione delle risorse: -dalla cura alla prevenzione; – dalla generalità della popolazione ai gruppi a rischio; – dall’assistenza ospedaliera all’assistenza territoriale. La riallocazione delle risorse, da realizzarsi attraverso l’elaborazione di programmi che favoriscano un diffuso coordinamento intra e inter-aziendale, deve prevedere il potenziamento dell’assistenza in regime di ricovero diurno (in alternativa alla degenza ordinaria), lo sviluppo degli interventi di riabilitazione e lungodegenza in ambito residenziale e domiciliare (in alternativa alle prestazioni per acuti), la diffusione dell’assistenza integrata a domicilio (in alternativa a quella residenziale), lo sviluppo di programmi di screening periodici selettivi sulla popolazione a rischio (in alternativa alla diagnostica ambulatoriale su richiesta), il ridimensionamento della diagnostica strumentale (anche in relazione all’introduzione di profili di appropriatezza delle richieste e con particolare riguardo alle prestazioni ad alto costo o effettuate in serie), il potenziamento dell’assistenza odontoiatrica e oculistica (attualmente carenti), nonché ogni altra riallocazione specificamente rivolta a riequilibrare l’offerta a livello locale. Per le condizioni che interessano le aree del disagio e dell’emarginazione, la definizione della integrazione tra assistenza sociale e assistenza sanitaria (e dei criteri per l’imputazione della rispettiva spesa) è condizione necessaria per la concreta attuazione dei livelli di assistenza, ferma restando la necessità di definire, in parallelo, adeguati livelli di garanzia anche per l’assistenza sociale. Le prestazioni comprese nei livelli essenziali di assistenza sono erogate dal Servizio sanitario nazionale a tutti i cittadini (art. 50, legge n. 450/1997 e decreto legislativo n. 124/1998): – senza oneri a carico dell’utente al momento della fruizione del servizio, relativamente a: le prestazioni di diagnostica strumentale e di laboratorio e le altre prestazioni di assistenza specialistica incluse in programmi organizzati di diagnosi precoce e prevenzione collettiva realizzati in attuazione del Piano sanitario nazionale, dei Piani sanitari regionali o comunque promossi o autorizzati con atti formali della Regione o della Provincia autonoma; le prestazioni di diagnostica strumentale e di laboratorio e le altre prestazioni di assistenza specialistica finalizzate alla tutela della salute collettiva obbligatorie per legge o disposte a livello locale in caso di situazioni epidemiche e quelle finalizzate all’avviamento al lavoro; le prestazioni di medicina generale e di pediatria di libera scelta; i trattamenti erogati nel corso di ricovero ospedaliero in regime ordinario, ivi inclusi i ricoveri di riabilitazione e di lungodegenza post-acuzie, e le prestazioni strettamente e direttamente correlate al ricovero programmato, preventivamente erogate dalla medesima struttura, ai sensi dell’articolo 1, comma 18, della legge 23 dicembre 1996, n. 662; – dietro pagamento di una quota limitata, per le restanti prestazioni soggette – in base alla normativa vigente – alla compartecipazione alla spesa, definita in modo da promuovere la consapevolezza dell’onere economico connesso alla erogazione delle prestazioni e comunque di entità tale da non costituire ostacolo all’utilizzo dei servizi da parte del singolo cittadino. Il Piano sanitario nazionale 1998-2000 conferma quanto previsto dal D.Lgs. 29 aprile 1998, n. 124 e, in particolare, quanto previsto dall’art. 3, comma 3. In armonia con quanto previsto dal Documento di Programmazione Economico-Finanziaria per gli anni 1998-2000, obiettivi di equità sociale impongono di dare uniformità effettiva alla copertura assistenziale offerta dal Ssn, attraverso interventi volti specificamente a contrastare i fattori a causa dei quali le differenze socio-economiche fra cittadini possono trasformarsi in diseguaglianze nei confronti dell’accesso ai servizi sanitari e della salute. L’eliminazione delle barriere economiche all’utilizzo delle prestazioni sanitarie non è sufficiente ad assicurare l’uniformità di accesso ai livelli di assistenza a parità di bisogno nelle diverse realtà territoriali e fra i diversi gruppi sociali. Il riferimento al criterio dell’uniformità impone anche il graduale superamento di ogni forma di oggettiva, seppur implicita, limitazione dell’ambito effettivo delle garanzie. L’inadeguata offerta di servizi, la carenza di informazioni su disponibilità e modalità di accesso, la presenza di tempi di attesa abnormemente elevati in rapporto alle necessità assistenziali rappresentano le principali limitazioni ad una effettiva uniformità nelle diverse realtà territoriali e nei diversi settori di attività. Le Regioni e le Aziende sanitarie, nell’ambito delle linee di indirizzo per l’individuazione delle priorità assistenziali e della indicazione degli obiettivi gestionali, elaborano programmi per l’abbattimento dei tempi di attesa per i ricoveri ospedalieri e l’accesso alle prestazioni specialistiche ambulatoriali. Strumenti prioritari di intervento a questo scopo sono il pieno utilizzo delle risorse assistenziali disponibili e il miglioramento dell’appropriatezza delle prescrizioni. attraverso la adozione di Linee guida, garantendo comunque il coinvolgimento dei medici prescrittori e un’adeguata informazione ai cittadini. La definizione operativa dell’ambito delle garanzie uniformemente offerte dal Ssn secondo il principio della essenzialità richiede l’indicazione dei servizi e delle prestazioni che, per specifiche condizioni cliniche o di rischio per la salute, presentano evidenze scientifiche di un significativo beneficio in termini di salute, a livello individuale e/o collettivo, a fronte delle risorse impegnate. Tale indicazione implica l’esclusione, dai livelli di assistenza finanziati attraverso la quota capitaria, delle prestazioni e dei servizi che: i) non soddisfano il principio dell’efficacia e dell’appropriatezza degli interventi (ovvero la cui efficacia non è dimostrabile in base alle evidenze scientifiche disponibili e/o sono utilizzate per soggetti le cui condizioni cliniche non corrispondono alle indicazioni raccomandate); ii) non rispondono al principio dell’efficienza produttiva (ovvero non garantiscono un uso ottimale delle risorse quanto a modalità di organizzazione ed erogazione dell’assistenza); iii) non soddisfano primari bisogni di salute. A quest’ultima categoria appartengono, ad esempio, la chirurgia estetica non conseguente a incidenti, malattie o malformazioni congenite; le certificazioni mediche non rispondenti a fini di tutela della salute collettiva, anche quando richieste da disposizioni di legge; le vaccinazioni non obbligatorie in occasione di soggiorni all’estero. Secondo questi criteri sono inoltre escluse le forme di assistenza che, pur rispondendo al principio dell’efficacia clinica, risultano inappropriate rispetto alle specifiche necessità assistenziali, in quanto sproporzionate nei tempi, nelle modalità di erogazione o nella quantità di prestazioni fornite, nonché gli interventi e le prestazioni comunque, sostituibili da altre con un rapporto costo-efficacia più soddisfacente. Appartengono a questa categoria le procedure ed i programmi di screening con un rapporto costo-efficacia sfavorevole; numerose prestazioni attualmente erogate in degenza ospedaliera che potrebbero essere più appropriatamente fornite in ambiente ambulatoriale, in day-hospital o in sede residenziale extra-ospedaliera. È obiettivo del Piano sanitario nazionale 1998-2000 avviare un Programma nazionale per l’elaborazione, la diffusione e la valutazione di Linee guida e percorsi diagnostici e terapeutici. Lo sviluppo delle Linee guida rappresenta un processo complesso, dal punto di vista organizzativo e metodologico, che richiede competenze tecniche e risorse adeguate, secondo un approccio finalizzato a: – selezionare le condizioni cliniche e gli interventi sanitari secondo criteri espliciti di priorità; – interessare tutti i potenziali destinatari, operatori sanitari, cittadini e amministratori, nella fase di elaborazione e in quelle di diffusione e valutazione; – articolarsi in diverse fasi, alla cui realizzazione concorrono diversi soggetti e livelli di responsabilità del Ssn: – l’elaborazione secondo precisi requisiti metodologici relativi alla raccolta e all’analisi delle evidenze scientifiche disponibili e alla loro successiva utilizzazione per la costruzione della linea guida; – la diffusione secondo modalità che ne permettano la massima accessibilità da parte di tutti i soggetti interessati; – l’adozione nella pratica assistenziale; – la verifica di impatto sulla qualità e sui costi dell’assistenza, anche ai fini del tempestivo aggiornamento e della revisione delle Linee guida. Condizioni, procedure e programmi di intervento saranno selezionati in base ai seguenti criteri di priorità: – frequenza nella popolazione generale o in sottogruppi significativi di popolazione; – costi, diretti e indiretti, della condizione, della procedura o del programma di intervento; – variabilità nell’accesso ai servizi, nelle modalità di assistenza e/o nei risultati finali; – fattibilità pratica in ragione delle informazioni disponibili; – rilevanza rispetto a programmi nazionali e regionali che perseguano obiettivi di salute e di innovazione delle forme di assistenza. Particolare attenzione dovrà, inoltre, essere prestata alla preventiva verifica della efficacia, della economicità e della appropriatezza nell’impiego di prestazioni e/o di modalità di assistenza innovative. Anche avvalendosi delle esperienze nazionali ed internazionali attualmente disponibili, entro il primo anno di attuazione del Psn saranno definite le Linee guida per almeno dieci fra le seguenti condizioni cliniche, interventi e programmi di intervento selezionati secondo i criteri su indicati: – diagnosi precoce e trattamento delle ipercolesterolemie; – mal di schiena; – broncopolmonite; – asma bronchiale; – ulcera peptica; – gravidanza fisiologica; – ipertensione arteriosa; – angina pectoris; – neoplasie della mammella; – neoplasie della cervice uterina; – vaccinazione antiinfluenzale; – profilassi antibiotica in chirurgia; – diagnostica pre-operatoria. Specifica priorità deve essere data alla elaborazione di Linee guida che definiscano le indicazioni cliniche relative alle prestazioni erogabili a livello ambulatoriale ed in regime di ricovero diurno, con particolare riferimento agli interventi chirurgici elettivi per liberazione del tunnel carpale, legatura o asportazione di vene degli arti inferiori, cataratta, ernia inguinale, colecistectomia. Alta priorità dovrà essere riservata alle Linee guida la cui applicazione è in grado di assicurare una diminuzione dei costi complessivi a carico del Ssn. In caso di superamento dei limiti massimi di spesa compatibili con le disponibilità finanziarie, fatto salvo quanto previsto dalla normativa in vigore con riferimento al ricorso all’autofinanziamento regionale, le Regioni possono definire i criteri di erogabilità a carico del Fondo sanitario regionale delle prestazioni fornite da strutture pubbliche e private accreditate, nel rispetto dei princìpi alla base del Ssn e tenuto conto dei diversi livelli di priorità delle prestazioni e dei servizi di assistenza sanitaria. L’articolazione dei livelli di assistenza Il Piano sanitario nazionale per il triennio 1994-96 precisava, sulla base degli obiettivi assistenziali da raggiungere e delle prestazioni sanitarie da erogare, sei livelli di assistenza da garantire in condizioni di uniformità a tutta la popolazione. Le conoscenze acquisite nel corso del triennio 1994-96 sui diversi modelli regionali di risposta ai bisogni di salute dei cittadini, le rilevanti modificazioni intervenute in attuazione della normativa nazionale e regionale, nonché il mutato contesto socio-economico suggeriscono la precisazione di una nuova articolazione dei livelli di assistenza. La ridefinizione dei livelli garantiti di assistenza, e la conseguente riclassificazione delle attività e delle prestazioni in essi comprese, risponde all’esigenza di esplicitare e valorizzare l’articolazione delle funzioni assistenziali nelle tre grandi macro aree di offerta previste dalla normativa in vigore. I livelli di assistenza sono quindi definiti con riferimento a: – l’assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro; – l’assistenza distrettuale; – l’assistenza ospedaliera. L’articolazione in tre grandi aree di attività è definita alla luce delle seguenti considerazioni: a) l’esigenza di valorizzare le attività svolte dal Dipartimento di prevenzione, in armonia con quanto previsto dal D.Lgs. n. 502/1992 (e successive integrazioni e modificazioni) e in coerenza con l’obiettivo di potenziare le attività di prevenzione. Giova peraltro precisare che interventi di prevenzione primaria e secondaria (quali, ad esempio, educazione sanitaria, counseling, prevenzione individuale e per gruppi a rischio effettuata dai medici di medicina generale e da altre professionalità sanitarie) sono svolti anche dai livelli di assistenza distrettuale e ospedaliera (nell’ambito delle risorse ad essi attribuite), oltre che da settori non sanitari, in un comune impegno di promozione della salute; b) l’esigenza di ricomporre all’interno del macro livello assistenza sanitaria distrettuale i tre livelli di assistenza (relativi all’assistenza sanitaria di base, all’assistenza specialistica, semi-residenziale territoriale e all’assistenza residenziale sanitaria: livelli 2, 3 e 5 del Psn 1994-96) precedentemente classificati separatamente, ma fortemente integrati e correlati. Giova precisare che attività di assistenza sanitaria ricomprese nel livello distrettuale possono essere svolte anche nelle strutture ospedaliere (ad esempio, l’assistenza specialistica ambulatoriale). L’esplicitazione del livello distrettuale è coerente con l’obiettivo di conferire al distretto una precisa identità all’interno dell’azienda sanitaria locale per il coordinamento e l’integrazione di tutte le attività di assistenza sanitaria di carattere extra-ospedaliero; c) l’esigenza di superare la specificazione del livello di supporto all’organizzazione dell’attività, precedentemente considerato separatamente (livello 6 del Psn 1994-96), ma strettamente funzionale all’organizzazione e all’erogazione delle attività comprese negli altri livelli di assistenza sanitaria. I singoli livelli sono articolati in sotto-livelli (tab. 2) individuati con riferimento alle aree di intervento, ai fattori di spesa, alle modalità di organizzazione dell’offerta e alle specifiche categorie di utenti ai quali si rivolgono, tenuto conto delle specificità e delle esigenze conoscitive dei diversi settori di intervento. Tab. 2 – Livelli di assistenza sanitaria articolazione per aree di offerta 1. Assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro Profilassi delle malattie infettive e diffusive Tutela dei rischi connessi con l’inquinamento ambientale Tutela dei rischi connessi con gli ambienti di vita e di lavoro Sanità pubblica veterinaria Tutela igienico sanitaria degli alimenti 2. Assistenza distrettuale Assistenza sanitaria di base Assistenza farmaceutica Assistenza specialistica ambulatoriale Assistenza territoriale e semi-residenziale Assistenza residenziale sanitaria 3. Assistenza ospedaliera Assistenza per acuti (emergenza, ordinaria e in day hospital) Assistenza post-acuzie (riabilitazione ordinaria e in day hospital e lungodegenza) Il monitoraggio e la verifica dei livelli di assistenza effettivamente garantiti alla popolazione, dei risultati raggiunti e dei relativi livelli di spesa richiedono un adeguamento del sistema informativo. Apposite linee di guida saranno emanate al fine di favorire il raccordo dei flussi informativi esistenti con i nuovi modelli di monitoraggio e verifica dei livelli di assistenza. La determinazione della quota capitaria La quota capitaria di finanziamento esplicita il valore pro capite medio nazionale necessario per assicurare la copertura del fabbisogno finanziario dei livelli essenziali di assistenza sanitaria. Il valore è calcolato tenuto conto delle condizioni demografiche, epidemiologiche e organizzative osservate in prossimità dell’inizio del triennio di validità del Psn 1998-2000 sull’intera realtà nazionale e con riferimento alla totalità della popolazione italiana. La quota capitaria è definita sulla base di parametri volti a sintetizzare, relativamente agli specifici livelli di assistenza, la quantità di risorse fisiche e/o finanziarie necessarie per assicurare l’organizzazione e l’erogazione degli interventi garantiti dai livelli essenziali di assistenza. I parametri fisici e i relativi costi unitari medi di riferimento sono definiti in relazione alle risultanze dell’attività del Nucleo tecnico di verifica per il monitoraggio dei livelli di assistenza sanitaria fissati dal Psn 1994-96 (istituito nell’ambito della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome), integrate con le rilevazioni disponibili dei flussi informativi delle Aziende Usl e delle aziende ospedaliere, tenuto conto delle indicazioni della normativa nazionale (ove specificamente previste) e degli obiettivi prioritari indicati dal Psn 1998-2000. Al fine di consentire la verifica sistematica della congruità del Fondo sanitario nazionale, in sede di monitoraggio dei livelli di assistenza, la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome affinerà il sistema di parametri già collaudati nei passati esercizi. I parametri utilizzati devono intendersi come meramente funzionali alla ricostruzione della quota capitaria di finanziamento; in quanto tali, non costituiscono valori di riferimento (o valori obiettivo da raggiungere), non impongono alle Regioni vincoli all’allocazione delle risorse, non individuano percorsi privilegiati di distribuzione dei fondi (fra aree di intervento o fra realtà territoriali). La quota capitaria non costituisce l’equivalente finanziario dei servizi e delle prestazioni da assicurare a ciascun cittadino. La quota capitaria di finanziamento comprende anche le risorse necessarie al funzionamento del Ssn. Nell’allocazione delle risorse, particolare attenzione dovrà essere rivolta ad assicurare le funzioni di organizzazione, amministrazione e gestione, le quali costituiscono prerequisito affinché il sistema sanitario possa erogare le prestazioni che ne rappresentano obiettivo primario, in condizioni di efficienza ed efficacia. L’esplicitazione della metodologia seguita per la determinazione della quota capitaria, in risposta a precise esigenze di trasparenza e chiarezza nei rapporti tra Stato, regioni e province autonome è rinviata a uno specifico documento tecnico. Il finanziamento dei livelli di assistenza Nel triennio 1998-2000, il Ssn assicura i livelli di assistenza, così come definiti dal presente Psn, attraverso l’adeguamento rispetto all’inflazione della quota capitaria di finanziamento. Inoltre, in considerazione della crescita della domanda di prestazioni sanitarie, nonché dell’inadeguatezza del tasso generale di inflazione a rappresentare l’aumento medio dei prezzi dei fattori produttivi impiegati nel settore sanitario, le disponibilità finanziarie del SSN sono adeguate, compatibilmente con gli obiettivi imposti dal risanamento della finanza pubblica, in modo da assicurare nell’arco del triennio (rispetto al 1998) l’aumento del 3% delle risorse complessive. Per il triennio 1998 – 2000, la quota capitaria di finanziamento dei livelli di assistenza, determinata tenuto conto dei tassi di inflazione e di crescita reale del Pil previsti dal Documento di Programmazione Economico-Finanziaria 1998-2000, è così definita: 1998 L. 1.795.3051999 L. 1.849.165 (L. 1.795.305, incrementate del 3%)2000 L. 1.904.640 (L. 1.849.165, incrementate del 3%) Le spese in conto capitale per il triennio 1998-2000 trovano copertura nelle previsioni indicate nella legge finanziaria per il 1998 (legge n. 449/1997), per un importo di 240 miliardi per l’anno 1998 e di 250 miliardi per ciascuno degli anni 1999 e 2000. Per gli investimenti nelle aziende sanitarie sono disponibili 2.500 miliardi stanziati complessivamente per il 1998 e il 1999 (rispettivamente 670 e 1830) come avvio della seconda fase del piano decennale introdotto con l’articolo 20 della legge 67/1988, per la quale saranno formulate proposte di utilizzo in sede locale, da concordare in sede di Conferenza Stato-Regioni con il fine di affrontare anche le problematiche relative alla sicurezza delle strutture. Per il triennio 1998-2000 la legge finanziaria per il 1998 (legge n. 450/1997) ha inoltre accantonato (in tabella B) complessivi 828 miliardi (rispettivamente 249,5, 427,6 e 150,9 miliardi per ciascuno degli anni di riferimento) da utilizzare attraverso apposito provvedimento normativo per edilizia sanitaria e nuove forme di progettualità che possono supportare interventi innovativi nel campo dell’assistenza ai malati terminali, per il miglioramento del funzionamento della rete dei servizi sul territorio e per l’assistenza al di fuori dell’ambiente ospedaliero.

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