L’esplosione del caso “farmaco veterinario”

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L’esplosione del caso “farmaco veterinario”

In questi giorni i veterinari che si occupano di animali d’affezione sono in fermento. Improvvisamente ci si accorge dei limiti di una legge: quella del farmaco veterinario per pets.

Cos’è successo? La Dechra, azienda farmaceutica veterinaria, rende nota la disponibilità di un farmaco registrato per il cane, destinato alla cura dell’epilessia a base di fenobarbitale.

La legge vieta ai veterinari di continuare a prescrivere l’analogo umano utilizzato da decenni. Esso contiene il medesimo principio attivo ma con un prezzo finale circa 6 volte inferiore a equivalente dosaggio del nuovo medicinale.

Fin qui purtroppo nulla di nuovo: sono decine i casi di farmaci veterinari equivalenti ad analoghi umani commercializzati con uguale finalità di mercato e non di salute. All’opinione pubblica si portano spesso confronti più “soft” con medicinali di marca al posto di generici… in tal modo le differenze di costi sono meno evidenti e i cittadini si arrabbiano meno.

Questa volta però succede ben di peggio: il farmaco non è disponibile, ma il testo della legge non ne prevede (e quindi consente) la sostituzione con l’equivalente umano.

Il risultato è che curare il proprio animale da compagnia non solo costa di più ma risulta praticamente impossibile, per non parlare dell’applicazione a specie analoghe,  come quella felina, destinata alla “cascata”, quindi a un obbligo di impiego del farmaco veterinario destinato ad altra specie. A questo si aggiunga che tale medicinale avrebbe il limite di non essere indicata sul bugiardino (foglietto illustrativo) per animali sotto i 6 kg. Dobbiamo chiederci se siamo di fronte a difficoltà inapplicabili di terapia farmacologica o finezze interpretative per accedere al vecchio prodotto a uso umano negli animali che pesano meno? A soffrirne questa volta non saranno solo le tasche dei proprietari, ma i nostri pazienti. E questo è davvero troppo per una categoria professionale che ha il compito di salvaguardare la salute degli animali e dovrebbe essere troppo per tutti quelli che tale salute ce l’hanno a cuore!

Dunque  è evidente il  cambiamento di rotta di quanti (forse per interesse) tacevano o difendevano l’impianto della legge suddetta e al tempo stesso si riempivano la bocca di “benessere animale”. Sono ora travolti dall’indignazione collettiva,  e dunque limitano il caso all’azienda che ha messo in commercio il fenobarbitale veterinario, facendone un capro espiatorio al solo scopo di deviare l’attenzione dal vero problema.

Non lasciamoci ingannare. Quello del fenobarbitale a uso veterinario è solo l’ennesimo esempio delle potenziali conseguenze di una norma sbagliata; forse il più eclatante, ma se non mettiamo mano alla modifica della normativa, sicuramente non l’ultimo.
Non ci ostineremo a ricordare che SIVeLP denuncia l’assurdità della norma e i danni che derivano alla salute degli animali. Ora la priorità è risolvere la situazione e c’è solo un modo per farlo: modificare al più presto la legge che per  precisione è il D.Lvo n. 193/2006, a sua volta attuazione della direttiva 2004/28/CE.
Sarebbe fin troppo facile a questo punto per il SIVeLP dire che sono anni che cerchiamo di mettere in guardia la categoria e le istituzioni (ricordiamoci che il randagismo è spesa pubblica) dai rischi di una norma irragionevole in Italia, quindi non lo faremo.

La  strada è una sola: consentire al medico veterinario (limitatamente agli animali da compagnia) la scelta del farmaco più adatto, dettato dall’osservanza dei sacrosanti principi di “scienza e coscienza” ai quali ci dobbiamo ispirare in via esclusiva, nell’interesse innanzitutto dei nostri pazienti e poi dei nostri clienti.

SIVeLP

 

[Immagine da http://www.insidedogsworld.com/18-golden-rules-for-pet-owners/]

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