Chi era il dr. Paolo Giambruno, riabilitato

Home Comunicati Stampa - Rassegna Chi era il dr. Paolo Giambruno, riabilitato

Oggi i media riportano la storia del Collega, che dopo anni di Azienda Sanitaria, si iscrisse -da Libero Professionista- al Sindacato SIVeLP.

Una vera e propria “assoluzione”. Lo ricordiamo anche per il suo impegno nel tentare di cambiare la FNOVI.

La notizia:

Filodirettomonreale.it: La prima sezione penale della sezione misure di prevenzione, presieduta da Raffaele Malizia, hanno dichiarato la non pericolosità sociale del dott. Paolo Giambruno, ex presidente dell’ordine dei medici veterinari dell’Asp di Palermo, deceduto lo scorso 3 agosto.

La vicenda ebbe inizio nel 2010, in seguito alla denuncia da parte di un collega dello stesso Giambruno. Era stato lui contestato di aver chiuso un occhio sulle carni infette durante i controlli agli allevamenti e di essere vicino ad alcuni ambienti mafiosi. Le indagini portarono, nel 2015, all’obbligo di soggiorno e al sequestro di diversi beni intestati a Giambruno: yacht di lusso, conti correnti, società, quote delle srl Penta Engineering immobiliare, Unomar, Marina di Carini e Nautimed.

Già ai tempi dei sequestri Paolo Ingrassia, Presidente del sindacato veterinari italiani, aveva espresso la sua sorpresa nel constatare le accuse a carico di Giambruno. Il tempo e il corso della giustizia ha dato le risposte a riguardo, anche se tardi: il dottor Giamabruno, che era stato rimosso dall’incarico subito dopo il terremoto giudiziario, è deceduto lo scorso 3 agosto.

I giudici hanno affermato che “all’ipotesi di pericolosità di Giambruno quale indiziato di appartenere al sodalizio mafioso, appare evidente che, alla luce del materiale probatorio, non vi sia traccia di alcuna condizione, oltre alla spregiudicata inclinazione di Giambruno a intrattenere numerose relazioni imprenditoriali ed economiche, non si registrano particolari contiguità con ambienti mafiosi. Si rammenta che nessuno dei collaboratori di giustizia sentiti ha dichiarato di conoscere Giambruno, men che mai tracce di un possibile contributo all’associazione come tale. Anche sotto questo profilo la proposta si rivela infondata e pertanto va integralmente disattesa”.

———————————————–

Questo era quanto si diceva di lui per il suo impegno contro la mafia:


Siamo nell’agosto 2002. Presso il Distretto veterinario di Partinico arriva una minacciosa lettera firmata da Leonardo Vitale, un mafioso condannato all’ergastolo e per anni, assieme al fratello Vito, capo della cosca di Partinico con il soprannome “Fardazza”.

La lettera è inviata al veterinario dott. Fiore e val la pena riportarla:

Viterbo 01/08/2002

Gentilissimo dottore veterenà Fiore, chi le scrive è il signor Leonardo Vitale. Le scrivo per la mia impossibilità di venire in prima persona e ne approfitto scrivendoci. Sono venuto a conoscenza tramite cronaca che lei è il veterinaio del U.S.L. di Partinico e ne sono a conoscenza che più volte si è recato presso l’azzienda di Qualquarnera per dei controlli: giustamente ordinando ha più riprese l’abbattimento di animali spessissimo sanissimi prendendosi gioco per le loro disgrazie di donne. Ora io ha lei non lò mai visto nè incontrato ma conosco benissimo dico benissimo il suo nome. Sappi che in questi anni si fanno molti sacrifici per allevare una mucca e quanti ne sono morti per la siccità. Poi arriva lei . approfittando quelli che si riesce ha fare vivere li fa abbattere dicendo che la decisione la presa Roma e questo non solo che è poco serio ma neanche onesto. Ora passiamo agli animali. Giorni fa mià fatto abbattere 10 mucche sanissime e li spiego perché sono sane e lei non è un veteraio bensi un calzolaio. Allora una mucca con la brucellosa non riesci ha partorire ma ha 5-6 mesi abortisci. Questa è la prima: con il tempo possono pure partorire ma la malattia si è già incubata perciò non è più infettiva. Nel mio caso le mucche mi erano partorito da poco e tutti sanissimi. Passando a quelli tubercolosi impari bene che oggi questa malattia si cura in breve tempo una volta curate sono pulite ora non è la prima volta che succede di abbattere animali sani.

La prego che ci sia la possibilità quanto meno di un controllo ai parti. Se poi lei ha preso delle impegni che le devi abbattere tutti e dobbiamo chiudere e cambiare mestieri sappi che noi viviamo con questi animali e in questo periodo sopravviviamo con loro. Trovi l’onestà di fare le cose oneste e non distrugga i nostri animali e noi nello stesso solo per dimostrare a qualcosa ha qualcuno.   

Vitale Leonardo.

In quel momento Fiore è in ferie ed è sostituito dal collega Militello Vito che consegna la lettera al dott. Paolo Giambruno, direttore del dipartimento di prevenzione veterinario di Palermo, da cui dipende Partinico. Giambruno, dopo un colloquio con il Procuratore aggiunto Alfredo Morvillo, trasmette la lettera all’Autorità Giudiziaria. Si apre un processo nei confronti del Vitale, che è condannato, grazie alla testimonianza di Giambruno, il quale ha disposto anche che la ASL si costituisse parte civile. Per tutelare Fiore e non esporlo a ritorsioni Giambruno effettua una serie di controlli presso l’allevamento dei Vitale, con l’intervento dei Carabinieri e dispone l’abbattimento di un notevole numero di capi infetti da tubercolosi e brucellosi.

Nel 2011 Giambruno, parlando per telefono con la sua segretaria Caterina Li Citra, la informa di stare sistemando le carte del suo ufficio e di avere trovato la pratica del Vitale: nel corso del colloquio, parlando del vecchio caso, dice: “Purtroppo…io sono fatto così…non è che potevo farglielo ammazzare”. Giambruno non sa di essere intercettato e quella frase segna la sua condanna, nel senso che, anziché farne una lettura tipica del linguaggio siciliano comune, gli acuti investigatori (…) leggono che Giambruno avrebbe effettuato “un diretto intervento” con il boss per evitare che il collega fosse ucciso, e perciò “il Giambruno intrattiene rapporti con esponenti della consorteria mafiosa, non si spiegherebbe altrimenti l’inciso: “Glielo dovevo fare ammazzare…”. Si apre un’indagine da parte dei p.m. Bevilacqua e Ferrara, si omette di prendere in considerazione il ruolo di denunciante e non di colluso del Giambruno, viene disposto il sequestro di documenti presso l’ufficio di Giambruno, ma questi documenti che attestano la correttezza del comportamento del veterinario, stranamente non vengono depositati in Procura.

Dopo un processo in cui i giudici parlano di “integrazioni colorate da una lettura, da parte della P.G. non particolarmente calzante col materiale indiziario” e affermano che “è stato il procedimento in sé a fungere da ricettacolo per una serie di vicende più o meno strampalate, la cui rilevanza penale è sembrata dubbia sin dal principio”, viene disposta l’archiviazione con la nota che “la notizia di reato (formulata dalla Digos) non può essere ulteriormente ed utilmente investigata se non sotto il profilo di un grave atto calunniatorio”. La Digos non si ferma, auspica e sollecita che Giambruno “sia messo nella condizione di non nuocere”, mentre Giambruno denuncia (9.10.2015) i tre funzionari della Digos per falso e calunnia in suo danno. Poi, l’8 aprile 2015 scatta il sequestro preventivo del patrimonio di Giambruno, nel frattempo diventato Direttore del dipartimento di prevenzione veterinaria dell’ASP e presidente dell’ordine dei veterinari di Palermo, nel corso di un’operazione che coinvolge altre 29 persone, con l’imputazione di concussione, abuso d’ufficio, falso e truffa aggravata, rapporti col mafioso carinese Salvatore Cataldo. Il sequestro riguarda conti correnti, titoli bancari, Penta Engineering Immobiliare srl con sede a Palermo, Unomar Srl di Carini, Marina di Carini srl con sede legale a Palermo.

Gli intrecci economici tra Cataldo, Giambruno e alcuni familiari del direttore veterinario sarebbero stati ricostruiti attraverso documenti sequestrati, atti di compravendita di beni mobili e immobili, cessione di quote societarie, verbali di assemblee, atti costitutivi e statuti di società che si occupano di compravendita immobiliare e vendita di barche, documentazione finanziaria e bancaria ecc. Soprattutto nel settore di restauro e vendita di barche usate, dove Giambruno aveva investito somme considerevoli, si trovano nei guai, assieme a lui due soci che, per la solita teoria della transitività mafiosa, sono coinvolti nel sequestro e perdono tutto, così come lo stesso Giambruno, il quale cerca oggi ostinatamente una riabilitazione della propria dignità.

Link

In seguito in Parlamento, anche con riferimenti alla veterinaria, ci fu tanto di interrogazione a risposta in commissione:

Atto Camera

Interrogazione a risposta in commissione 5-05546 presentato da DI VITA Giulia

testo di Venerdì 8 maggio 2015, seduta n. 423

DI VITA, LOREFICE, GRILLO, MANTERO, SILVIA GIORDANO, BARONI, NUTI, LUPO, DI BENEDETTO, MANNINO, GALLINELLA e D’UVA. — Al Ministro della salute, al Ministro dell’interno . — Per sapere – premesso che:
in data 9 e 10 aprile 2015, così come riportato da diverse testate giornalistiche regionali e nazionali, è emersa la notizia delle indagini a carico di Paolo Giambruno, direttore del dipartimento di prevenzione veterinaria dell’ASP di Palermo e presidente dell’ordine dei medici veterinari della provincia di Palermo;
tra gli episodi contestati al direttore, c’è quello sui controlli sanitari che il dipartimento, da lui gestito, avrebbe effettuato su di un allevamento di carni bovine, del territorio di Cinisi, destinato alla commercializzazione alimentare, sembrerebbe che tale allevamento abbia ricevuto il via libera alla commercializzazione nonostante alcuni capi fossero infetti da tubercolosi;
altri episodi contestati riguardano la concessione di false certificazioni che avrebbero consentito ad un’azienda dolciaria di Carini e ad un’azienda ittica di Lampedusa di esportare i propri prodotti all’estero;
al direttore inoltre viene contestato il reato di intestazione fittizia di beni con l’aggravante di aver favorito esponenti di «Cosa nostra», tanto da indurre i giudici della sezione misure di prevenzione a «congelare» beni e conti correnti, riconducibili allo stesso direttore o a suoi familiari, per un valore complessivo di circa due milioni di euro;
dopo il sequestro di conti correnti e società di Paolo Giambruno, la procura ha in seguito chiesto per il medico la sorveglianza speciale con l’obbligo di dimora. I pm lo ritengono «pericoloso socialmente» e hanno avanzato al tribunale l’istanza per l’applicazione della misura di prevenzione personale. Nel fascicolo dell’inchiesta, in cui figurano 29 indagati tra dipendenti pubblici, allevatori e imprenditori, con accuse che vanno dalla concussione al falso sino alla truffa e al commercio di cibi nocivi, un vasto capitolo è dedicato ai business tra Giambruno e Salvatore Cataldo, costruttore di Carini condannato per mafia;
lunedì 13 aprile, alle 10, nei locali dell’Asp 6 in via Onorato 6, si è tenuta una conferenza stampa indetta dai veterinari dell’azienda sanitaria indagati dalla Digos della Questura di Palermo;
«Risponderemo colpo su colpo alle accuse infamanti che ci sono state mosse – ha dichiarato prima della conferenza stampa il segretario sindacale dei veterinari italiani Paolo Ingrassia – abbiamo piena fiducia nella magistratura, ma non tolleriamo la gogna mediatica che si è scatenata»;
«Io nel 2012 ho denunciato gli investigatori della Digos che hanno condotto le indagini – ha dichiarato Giambruno – un pm ha chiesto l’archiviazione, un gip ha disposto nuove indagini. Sono sereno e chiarirò ogni cosa»;
sulla vicenda è intervenuta anche la Federazione Nazionale degli Ordini dei Veterinari Italiani (Fnovi), che in una nota dell’11 aprile 2015 precisa che «nel rispetto delle prerogative della magistratura e degli indagati, non può esimersi dall’esprimere sgomento per quanto appreso. Nel contempo, desidera testimoniare la propria vicinanza ai medici veterinari che attendono al loro dovere di tutela della salute pubblica, con una condotta professionale improntata alla legalità e all’etica deontologica». Viene quindi ribadito «il senso di una professione veterinaria, forte e coesa, che non ammette e condanna cedimenti della legalità e della giustizia, avendo nel diritto alla salute dei cittadini il proprio primario soggetto di tutela». E nel valutare ogni iniziativa consentita dal vigente ordinamento, la Fnovi «seguirà con attenzione gli sviluppi della vicenda, nel proprio diritto-dovere di non tralasciare alcuna prerogativa che – conclude la nota – le è istituzionalmente riconosciuta»;
con l’interrogazione a risposta in Commissione 5-03711 (testo di venerdì 3 ottobre 2014, seduta n. 302) anche l’onorevole Francesco Ribaudo denunciava fatti analoghi che vedono anche in tal caso coinvolto il dipartimento di prevenzione veterinario della ASP Palermo, ivi lamentandosi altresì la mancanza di notizia alcuna «di provvedimenti adottati dalla ASP di Palermo nei confronti degli indagati, anche in via precauzionale e allo scopo di tutelare gli interessi per la salute dei cittadini ed il buon nome della pubblica amministrazione»;
da ulteriori fonti di stampa (Giornale di Sicilia, 9 novembre 2011, «Tangenti all’Asp», inchiesta sui veterinari) si apprende che per fatti analoghi a quelli anzidetti la procura di Palermo già nel 2011 ritenne di dover iscrivere nel registro degli indagati una decina tra dirigenti e tecnici del dipartimento di prevenzione veterinaria dell’Asp accusati, tra l’altro, di tentativo di concussione;
tra gli indagati vi era anche il direttore Paolo Giambruno;
già nel 2013, si apprende da ulteriori notizie di stampa (repubblica.it, 7 dicembre 2013, «Niente multe per il pesce avariato, l’ASP nella bufera»), l’assessorato regionale alla Sanità aveva invitato l’allora commissario straordinario dell’Asp 6, Antonio Candela, a prendere provvedimenti contro Paolo Giambruno ma, com’è evidente alla luce dei recenti accadimenti, l’incarico da dirigente venne invece riconfermato nonostante tutto;
in merito ai recenti fatti il direttore generale dell’ASP Candela ha dichiarato di aver nominato «un legale interno visto che l’azienda sanitaria risulta parte offesa a seguito delle gravissime notizie apprese dalla stampa. Il legale nominato è stato incaricato di acquisire la documentazione al fine di attivare con immediatezza tutti i provvedimenti consequenziali»;
l’articolo 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 «Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali» disciplina l’ipotesi di scioglimento dei consigli comunali e provinciali conseguente a fenomeni di infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso;
ai sensi del comma 1 dell’articolo 146 è stabilito tuttavia che «Le disposizioni di cui agli articoli 143, 144, 145 si applicano anche agli altri enti locali di cui all’articolo 2, comma 1, nonché ai consorzi di comuni e province, agli organi comunque denominati delle aziende sanitarie locali ed ospedaliere, come nel caso in questione, alle aziende speciali dei comuni e delle province e ai consigli circoscrizionali, in quanto compatibili con i relativi ordinamenti»;
il comma 5 dell’articolo 143 stabilisce, inoltre che «5. Anche nei casi in cui non sia disposto lo scioglimento, qualora la relazione prefettizia rilevi la sussistenza degli elementi di cui al comma 1 con riferimento al segretario comunale o provinciale, al direttore generale, ai dirigenti o ai dipendenti a qualunque titolo dell’ente locale, con decreto del Ministro dell’interno, su proposta del prefetto, è adottato ogni provvedimento utile a far cessare immediatamente il pregiudizio in atto e ricondurre alla normalità la vita amministrativa dell’ente, ivi inclusa la sospensione dall’impiego del dipendente, ovvero la sua destinazione ad altro ufficio o altra mansione con obbligo di avvio del procedimento disciplinare da parte dell’autorità competente» –:
se e quali iniziative il Governo intenda intraprendere, nel rispetto e nei limiti delle proprie competenze, in merito ai fatti disdicevoli citati in premessa, a tutela della pubblica amministrazione, dei consumatori, degli allevatori e dell’intera cittadinanza siciliana, visto anche il ripetersi increscioso di fatti che vedono coinvolto nuovamente il dipartimento di prevenzione veterinario della ASP Palermo;
se sussistano i presupposti per procedere ai sensi del combinato disposto degli articoli 143 e 146 del testo unico delle norme sull’ordinamento degli enti locali, tenendo in particolare considerazione la possibilità, prevista ai sensi del comma 5 dell’articolo 143, di adottare qualsiasi provvedimento diretto esclusivamente contro gli eventuali soggetti responsabili, anche qualora non ricorra l’ipotesi di scioglimento dell’azienda sanitaria in questione. (5-05546)


E questa la sua lettera alla FNOVI, a proposito del “metodo Boffo”: LINK

A.Troi

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato