Referenze pericolose. Smarrito l’art. 21.

Home Editoriali Referenze pericolose. Smarrito l’art. 21.

Con preoccupazione assistiamo all’evidenza di cause intentate da clienti con animali da compagnia ai danni di Veterinari liberi professionisti e sostenute (quantomeno indirettamente) da altri veterinari che si prestano a rilasciare dichiarazioni, testimonianze del tutto compiacenti in favore del cliente che, lasciato il professionista da incolpare (ed a cui far pagare le spese -in genere cospicue del secondo), si rivolge ad altro.

Paradossalmente i Colleghi che indirizzano i propri clienti a strutture complesse o più attrezzate, si ritrovano a subire ricriminazioni dirette ed indirette, fomentati proprio da coloro che ricevono il caso come “referenti” e si lasciano andare a palesi denigrazioni o mezze frasi che inducono alla lite.

Ora l’art. 21 del codice deontologico è dedicato al – Rapporto fra Colleghi – prevede che:

“I Medici Veterinari iscritti all’Ordine devono svolgere le attività di consulenza, di consulto, di prosecuzione delle cure, di vigilanza e di controllo mantenendo sempre nei confronti dei colleghi un comportamento ispirato a correttezza, lealtà e rispetto, evitando ogni abuso di posizione. Il contrasto di opinione non deve violare i principi di un collegiale dibattito e di un civile comportamento; ove non sia possibile risolvere direttamente tale contrasto, occorre creare le condizioni affinché il Consiglio dell’Ordine promuova iniziative di conciliazione.”.

L’interpretazione data sinora dagli Ordini prima e dalla Commissione Centrale per gli esercenti le Professioni Sanitarie (reperibile sul sito del ministero),  in merito a tale articolo, è limitata a casi di particolare gravità e rilevanza pubblica, non imponendo alcun preventivo contatto tra il medico “dismesso” e quello successivo. L’abuso di posizione, apertamente manifestato da alcuni (forse ignari in materia deontologica) e quasi sbandierato come un merito da altri, dovrebbe rientrare nelle attività di vigilanza ordinistica, ancorchè non  sia ormai entrato -per prassi ideologica- tra i comportamenti giustificati e quindi non più soggetti a censura.

Cionondimeno, visto l’aumentare del fenomeno sopra descritto, è opportuno valutare il problema al fine di modificare la norma richiamata, imponendo ai professionisti l’osservanza in concreto di correttezza e lealtà, ragion per cui se l’animale risulta essere stato visitato o curato da altro collega da poco tempo, a quest’ultimo il professionista dovrebbe rivolgersi per avere quei dettagli clinici che i clienti non possono saper dare, per evidenti carenze di conoscenze della materia. In difetto, il qualunquismo  non potrà che avere la meglio su competenze professionali, correttezza lealtà e rispetto con gravi danni per l’intera categoria. Infatti l’obbligo assicurativo deve essere visto come un onere ricadente su tutti i colleghi, destinato a moltiplicarsi all’infinito nei costi se non viene gestito in modo coerente.

Questo è stato uno degli argomenti discussi al Congresso Nazionale SIVeLP di Montecatini, dove è emersa anche la proposta di una soluzione estrema: segnalare i consulti che determinano contestazioni e richieste risarcitorie “seriali”, al fine di scoraggiare l’invio di casi per referenza. Questo come disincentivo per tutelare i colleghi e l’intera categoria  da un modo bieco e forse perfino illegale di giustificare parcellle over-size, esami inutili e fatti a caso, risultati disastrosi o comunque non all’altezza delle aspettative, scaricandone l’onere  della responsabilità professionale sul collega (assicurato),  mettendo nel contempo al riparo la propria parcella.

SIVeLP

www.sivelp.it   @sivelp  800 12 64 62  facebook.com/sivelp

Lascia una risposta

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato