Rassicurazioni sul nuovo caso di BSE in Irlanda

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Rassicurazioni sul nuovo caso di BSE in Irlanda

Confermato in Irlanda il caso sospetto di BSE, Encefalite Spongiforme bovina (impropriamente detta “mucca pazza”) in un animale di cinque anni.

cow_publicLa diagnosi di sospetto era stata formulata agli inizi di giugno ma il 25 giugno si è avuta la conferma. Il caso isolato è stato identificato direttamente in allevamento, senza che l’animale sia entrato in alcun modo nella catena alimentare e gli altri 69 capi presenti sono risultati tutti negativi alle successive verifiche. In Irlanda la patologia fece la sua comparsa nel 1989, I casi registrati sono stati 1650.

Di BSE non si sentiva parlare più da molto tempo perché le misure di contrasto alla diffusione dell’encefalite, originata da particelle sub-virali (prioni), si sono rivelate efficaci. Il morbo provoca difficoltà di deambulazione e disorientamento degli animali, quindi alterazioni neurologiche che poco o nulla hanno a che fare con la “pazzia”. Gli scienziati hanno collegato l’agente causale con la sindrome umana di Creutzfeldt-Jakob (dai nomi dei due scopritori). Il prione resiste a temperature elevate, occorre un’esposizione di almeno un’ora a 132 gradi per una significativa inattivazione.

Il contrasto alla diffusione si è basato sul divieto di utilizzare il tessuto nervoso, essenzialmente cervello e midollo degli animali a rischio, sia nell’alimentazione umana che in quella animale. La sorveglianza non è tuttavia estesa a tutto il pianeta. Il caso irlandese intensificherà le misure di controllo.

La situazione italiana

L’Italia è stata inclusa dal 2013 nell’elenco dei Paesi a rischio “trascurabile”, certificando il successo nell’applicazione delle misure di controllo. Si sono via via rimossi i vincoli inizialmente adottati ed i prodotti italiani sono alla stregua di quelli di altri paesi in pari condizioni, considerati sicuri per il consumo interno e l’esportazione.
L’Istituto Superiore di Sanità ha registrato dal 1993 ad oggi 2107 casi di encefalopatie di diversa natura ma solo 2 riconducibili alla esposizione al prione di origine bovina.

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