Raccolte di firme e di dati on-line: i rischi.

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I fruitori più esperti del web sono giustamente preoccupati per i dati che vengono raccolti, quasi all’insaputa degli utenti, durante la navigazione.

Sono dati che transitano attraverso i “biscottini” o cookies che trasmettono ad altri ciò che andiamo a cercare (leggi qui come funziona). Anche alcuni siti di raccolta firme on-line sono -secondo alcuni esperti- dei sistemi per raccogliere informazioni selezionate che possono essere poi scambiate con aziende che cercano di avere dei bersagli precisi per le proprie campagne pubblicitarie. Lo dimostrerebbe il proliferare di siti gratis per raccogliere firme. Sono gratis o perché veicolano pubblicità immediatamente o perché raccolgono dati per veicolarla dopo (barattando i dati).

Un esempio facile da capire è quello dell’assenza di pubblicità nell’informazione SIVeLP. Non vi è pubblicità sul sito, come non ne compare sul programma gestionale gratuito VETEV (sviluppato anche grazie ad un contributo pubblico e mantenuto dal sindacato). Se -viceversa- ci fossero una decina di pubblicazioni on line e/o cartacee, la pubblicità potrebbe finanziare l’informazione ma le nostre tesi sarebbero condizionate, anche senza che gli utenti finali -cioè i Colleghi- se ne accorgano. Ad esempio non sarebbe coerente proporre la libertà di ricettare “secondo scienza e coscienza” se percepissimo con regolarità pubblicità in conflitto d’interessi (anche solo potenziale) con questa tesi. In altri casi la pubblicità può rappresentare una maniera per far rientrare dalla finestra ciò che esce dalla porta, patrocinando un’iniziativa eticamente corretta a proprio nome e ricevendo in cambio finanziamenti dalla pubblicità pubblicata.

I dati degli utenti sono molto importanti per il marketing moderno, tanto da spingere le aziende ad investire anche budget cospicui in progetti che non hanno apparentemente nulla a che vedere con quanto vendono. Lo scopo è raccogliere informazioni selezionate in modo da poter progettare, contattare e coinvolgere un campione scelto e “predisposto” all’acquisto di determinati servizi, senza disperdere energie in un mercato generalista.

Per pura ipotesi, per far capire al lettore, se il Sindacato avesse ideato una banca dati dei veterinari che lavorano a domicilio e magari celasse dietro le spalle un gruppo strutturato che offre servizi ai veterinari che lavorano a domicilio, questo coprirebbe un interesse concreto a far passare la tesi che la veterinaria vera è solo quella domiciliare. Lo stesso dicasi nel creare un’anagrafe dei criceti in collaborazione con aziende che vendono prodotti per criceti. Magari trasferendo persino simili iniziative -puramente commerciali- a istituzioni di livello superiore, che si troverebbero così ad avvallare, co-finanziare o a loro volta partecipare, le finalità economiche di un piccolo gruppo di speculatori. In questo caso, quando un organizzazione complessa e costosa si nasconde dietro ad apparenti attività quasi filantropiche, dovrebbe sempre suonare un campanello d’allarme, specie se non vi è trasparenza dei bilanci o auto-finanziamento delle iniziative. Questo capita in particolare se troviamo diversi livelli gestionali a piramide, ognuno dei quali rappresenta solo apparentemente interessi diversi, ma finisce tutto per essere finalizzato alle speculazioni dei vertici della piramide (che realmente spartiscono i proventi).

Tutti noi dovremmo avere gli strumenti per scegliere liberamente a chi fornire i nostri dati e per quali scopi questo viene fatto.

Dove tutto è gratis, come appare a volte in internet e non solo, la merce siamo noi.

Angelo Troi

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