PIANO SANITARIO NAZIONALE 98/2000 PARTE 4

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Strumenti per la garanzia dei livelli di assistenza Il perseguimento degli obiettivi di tutela Il perseguimento degli obiettivi di tutela della salute dei cittadini, attraverso la garanzia dei livelli essenziali di assistenza e nel rispetto dei vincoli imposti dal finanziamento a quota capitaria, richiede in via preliminare uno sforzo di riflessione sulle “questioni aperte” del sistema sanitario …

Strumenti per la garanzia dei livelli di assistenza Il perseguimento degli obiettivi di tutela Il perseguimento degli obiettivi di tutela della salute dei cittadini, attraverso la garanzia dei livelli essenziali di assistenza e nel rispetto dei vincoli imposti dal finanziamento a quota capitaria, richiede in via preliminare uno sforzo di riflessione sulle “questioni aperte” del sistema sanitario italiano, con riferimento sia al modello di servizio sanitario verso il quale si vuole tendere, sia al percorso da seguire nel processo di transizione dal vecchio al nuovo ordinamento. Ai fini della concreta definizione degli strumenti utili per il perseguimento degli obiettivi di garanzia dei livelli di assistenza, il Psn 1998-2000 individua come prioritaria la precisazione (anche in sede normativa) di alcuni aspetti del processo di riordino, avviato con la legge n. 421/1992, non ancora sufficientemente definiti, ma fondamentali per il proseguimento del percorso di cambiamento del Ssn, che trova riscontro nel disegno di legge di delega per la razionalizzazione del Ssn all’esame del Parlamento. Costituiscono aspetti chiave del processo di riordino del Ssn, rispetto a ciascuno dei quali verranno emanati specifici documenti di approfondimento e linee di guida operative, i seguenti elementi. a) Programmazione nazionale e finanziamento del Ssn – la ridefinizione del ruolo delle autonomie locali nella programmazione regionale e nell’integrazione socio-sanitaria; – il riordino del sistema di partecipazione al costo delle prestazioni e la revisione del regime delle esenzioni, al fine di garantire maggiore equità nella ripartizione degli oneri a carico degli utenti e di evitare utilizzazioni improprie dei diversi regimi di erogazione delle prestazioni (ai sensi dell’articolo 59, comma 50, della legge n. 449/1997); – la revisione della disciplina concernente il rimborso degli oneri sostenuti dal Ssn per l’assistenza sanitaria fruita da pazienti vittime di incidenti stradali, di infortuni sul lavoro e di malattie professionali (ai sensi dell’articolo 38 della legge n. 449/1997); – la definizione del sistema di finanziamento delle Regioni, con riferimento alle modalità di riparto delle risorse disponibili a livello nazionale, nonché in relazione all’introduzione dell’imposta regionale sulle attività produttive; – la disciplina delle forme integrative di assistenza in rapporto ai livelli essenziali di assistenza. – la ridefinizione del ruolo dell’Agenzia per i servizi sanitari, quale strumento di raccordo, con caratteristiche di terzietà, per la collaborazione e l’azione coordinata tra i diversi livelli di governo, anche in relazione alle innovazioni introdotte dai D.Lgs. n. 281 del 1997 e D.Lgs. n. 115 del 1998. La riformulazione dei compiti prevede nuove competenze in tema di monitoraggio sulle modalità di accreditamento delle strutture pubbliche e private, sull’attuazione dei protocolli di intesa tra Università e Regioni, nonché l’inclusione della funzione di esprimere parere sui provvedimenti sostitutivi adottati dal Consiglio dei Ministri su proposta del Ministro della Sanità. La ridefinizione delle modalità e delle garanzie, attraverso le quali l’Agenzia individua gli interventi da adottare per il recupero dell’efficienza, dell’economicità e della funzionalità nella gestione dei servizi sanitari e fornisce alle Regioni il supporto tecnico per la predisposizione dei programmi operativi, costituisce strumento per l’ottimizzazione dell’uso delle risorse. b) Funzioni di tutela e di produzione – la precisazione di un sistema di programmazione sanitaria articolato a livello regionale, secondo quanto previsto dal D.Lgs. n. 502/1992 e successive modificazioni, e, a livello locale, secondo modalità da sviluppare, nelle due funzioni di: i. tutela della salute dei cittadini, ii. produzione ed erogazione dei servizi; – la specificazione del ruolo delle Regioni, responsabili del perseguimento degli obiettivi di salute e, al contempo, dell’equilibrio fra finanziamento complessivo e spesa aggregata. Relativamente al ruolo programmatorio delle Regioni e delle Province autonome, la normativa in vigore, per quanto in via di definizione, prevede nuove funzioni di regolazione dei soggetti erogatori, nelle fasi dell’autorizzazione, dell’accreditamento e dei controlli di qualità. Le Regioni devono inoltre esercitare un ruolo rilevante, non ancora adeguatamente sviluppato, di indirizzo nei riguardi delle Aziende Usl nella elaborazione dei piani annuali di attività e nella relativa definizione dei livelli di spesa; – la specificazione del duplice ruolo svolto dalle Aziende Usl di tutela della salute della popolazione e di produzione ed erogazione di prestazioni sanitarie. Nello svolgimento delle funzioni di tutela della salute, le Aziende Usl provvedono ad assicurare i livelli di assistenza nel proprio ambito territoriale, avvalendosi dei soggetti erogatori accreditati dalla Regione, garantendo l’equilibrio tra il finanziamento assegnato dalla Regione tramite le quote capitarie e le spese per l’acquisizione delle prestazioni e dei servizi. Nello svolgimento delle funzioni di produzione, le Aziende Usl provvedono a gestire i propri presidi e servizi territoriali, garantendo l’equilibrio tra la remunerazione, tariffaria e non, delle prestazioni erogate e i costi di gestione;- la definizione del sistema di finanziamento delle Regioni e delle Aziende Usl, con riferimento al riparto delle risorse a livello nazionale e regionale; – la previsione di aziende con personalità giuridica autonoma che, attraverso nuovi modelli integrati di collaborazione tra Università e Regioni e con organizzazione dipartimentale, assicurino le attività assistenziali correlate con le esigenze di formazione e di ricerca e coerenti con la programmazione sanitaria nazionale e regionale; – la realizzazione operativa dell’istituto dell’accreditamento in tutto il Servizio sanitario nazionale; – il completamento del processo, avviato con il D.Lgs. n. 502/1992 e successive modificazioni e integrazioni, di revisione del sistema di remunerazione dei soggetti, pubblici e privati, produttori di prestazioni sanitarie; – il completamento del processo di aziendalizzazione in tutte le realtà sanitarie locali, la predisposizione da parte delle Regioni di specifiche norme sulla gestione economico-finanziaria e patrimoniale, l’attivazione della contabilità analitica per centri di costo, l’adozione del bilancio preventivo economico annuale e pluriennale. Lo sviluppo del modello aziendale, come formula organizzativa volta ad assicurare la disponibilità di meccanismi e strumenti gestionali idonei alla realizzazione del soddisfacimento dei bisogni di salute della popolazione secondo criteri ispirati ai princìpi di economicità, responsabilità e autonomia, deve essere completato e verificato, anche alla luce delle innovazioni normative in via di definizione, a consolidamento e sostegno del processo di aziendalizzazione avviato con il D.Lgs. n. 502/1992 e successive modificazioni e integrazioni. Esso è in grado di garantire alla direzione la necessaria autonomia organizzativa, nell’ambito della funzione di indirizzo, programmazione e controllo della Regione, finalizzata a conseguire la migliore combinazione delle risorse a disposizione. Lo sviluppo di strumenti gestionali di tipo aziendale, la responsabilizzazione della dirigenza nelle singole aziende, la migliore definizione del ruolo del personale dipendente e convenzionato, la razionalizzazione delle strutture e delle attività connesse alla prestazione di servizi sono orientati alla realizzazione di condizioni per la migliore utilizzazione delle risorse a disposizione del SSN. Di seguito sono riportate alcune prime indicazioni. Il finanziamento delle regioni e delle aziende USL Allo scopo di sostenere i livelli regionali e locali nella concreta realizzazione degli obiettivi definiti nell’ambito del Piano sanitario nazionale 1998-2000, sono indicati, relativamente al sistema di finanziamento delle Regioni e delle Aziende Usl, i seguenti obiettivi e interventi prioritari: – Le risorse disponibili a livello nazionale sono ripartite fra le regioni e le province autonome sulla base di una quota capitaria corretta al fine di tenere conto delle specifiche caratteristiche demografiche e socio-sanitarie della popolazione residente in ciascuna Regione, secondo i criteri generali e le modalità indicate all’articolo 1, comma 34, della legge 23 dicembre 1996, n. 662. – Ai sensi del comma 34-bis, dell’articolo 1 della legge 23 dicembre 1996, n. 662 e successive modifiche e integrazioni, le Regioni, relativamente agli obiettivi di carattere prioritario del Psn e di rilievo nazionale, elaborano specifici progetti di intervento da finanziare attraverso quote vincolate del Fondo sanitario nazionale. Le quote vincolate del Fsn sono finalizzate al finanziamento di programmi che soddisfino i seguenti criteri e parametri: – abbiano dimensione interregionale; – siano di durata pluriennale; – si propongano risultati (intermedi e finali) misurabili e verificabili; e facciano riferimento a obiettivi finalizzati prioritariamente: – alla riduzione delle diseguaglianze sociali e territoriali nei confronti della salute, – all’adozione di programmi di prevenzione di provata efficacia, – al superamento di problemi di carenze strutturali del sistema. A tal fine, per ciascuno degli anni del triennio 1998-2000, è utilizzata una quota pari al 3% del Fondo sanitario nazionale (di cui all’art. 12, comma 1 del D.Lgs. n. 502/1992.) Tale quota potrà essere ridefinita anche in relazione alla capacità progettuale delle Regioni con le modalità di cui all’art. 1, comma 1 del D.Lgs. n. 502/1992. Le risorse saranno distribuite sulla base di progetti interregionali condivisi e concordati. Le Regioni Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia, Sicilia e Sardegna e le Province Autonome Trento e Bolzano partecipano ai progetti interregionali secondo le norme vigenti con fondi a proprio carico. Uno specifico documento tecnico, da elaborare entro 2 mesi dall’approvazione del Piano, definisce i parametri di riparto e le modalità per una assegnazione tempestiva delle risorse. – Le Regioni provvedono a ripartire fra le Aziende Usl il Fondo sanitario regionale (al netto delle quote accantonate allo scopo di finanziare programmi speciali e progetti di rilievo regionale) sulla base di criteri congruenti con quelli utilizzati per l’allocazione delle risorse a livello nazionale.- Al fine di orientare l’allocazione delle risorse alla realizzazione della garanzia dei livelli essenziali di assistenza, le Regioni provvedono a definire linee di indirizzo per l’individuazione delle priorità assistenziali verso cui indirizzare le risorse, relativamente alle funzioni e alle attività da potenziare (con particolare riguardo alla prevenzione, sia a livello di assistenza sanitaria collettiva in ambiente di vita e di lavoro, sia a livello di assistenza distrettuale, con particolare riferimento all’azione dei medici di medicina generale) o da depotenziare (come l’assistenza ospedaliera in regime di ricovero ordinario). – Al fine di evitare possibili penalizzazioni nei confronti delle Aziende Usl sul cui territorio insistono strutture produttive di maggiore complessità funzionale (appartenenti a classi tipologiche soggette a remunerazione tariffaria piena), le Regioni possono definire criteri da utilizzare in sede di riparto dei fondi regionali volti a tenere conto degli effetti prodotti dalla articolazione delle tariffe sulla spesa sostenuta dalle singole Aziende Usl. – Al fine di assicurare il perseguimento dei livelli di assistenza di cui alla programmazione nazionale e regionale, le Regioni e le Aziende sanitarie definiscono annualmente gli obiettivi da raggiungere (i risultati attesi) e gli indicatori da utilizzare per la valutazione del perseguimento degli obiettivi, anche al fine della attribuzione della quota variabile ed accessoria della remunerazione di direttori generali e delle direzioni strategiche. La remunerazione dei soggetti erogatori Allo scopo di integrare e completare i sistemi di remunerazione delle strutture produttive pubbliche e private, il Piano sanitario nazionale 1998-2000 indica i seguenti punti prioritari: – definizione dei criteri di delimitazione dell’ambito di applicazione del pagamento a prestazione e identificazione delle attività da remunerare attraverso programmi finalizzati di finanziamento, alternativi o integrativi rispetto al sistema tariffario; – individuazione di modalità di finanziamento, commisurate ai costi standard di produzione e agli obiettivi da perseguire, delle attività escluse dal pagamento a prestazione e contestuale definizione di sistemi di valutazione della produttività delle strutture destinatarie di tale modalità di remunerazione; – revisione e aggiornamento dei sistemi tariffari di remunerazione dei soggetti erogatori pubblici e privati e contestuale identificazione, ai fini della modulazione delle tariffe, dei criteri di articolazione delle strutture erogatrici in classi tipologiche; – definizione e attivazione di idonei e sistematici strumenti di controllo, da parte delle Regioni e delle Aziende Usl, del comportamento degli erogatori pubblici e privati, con particolare riguardo alla modificazione del mix di attività erogate, della selezione delle prestazioni, alla appropriatezza delle prestazioni rese e alla qualità dell’assistenza erogata; – elaborazione di norme di indirizzo per la definizione da parte delle Aziende Usl dei piani preventivi di attività di cui al comma 8 dell’art. 2 della legge n. 549/1995, che definiscono volume e tipologia delle prestazioni, negoziati con le strutture pubbliche e private e i professionisti eroganti prestazioni sanitarie accreditati, nel rispetto dei livelli di spesa programmati, della qualità dell’assistenza prestata e del controllo della congruenza delle prestazioni rese rispetto alle relative prescrizioni. L’accreditamento delle strutture sanitarie L’istituto dell’accreditamento risponde all’esigenza di operare il processo di selezione degli erogatori attraverso criteri di qualità dell’assistenza. Viene realizzato in armonia con le esigenze di programmazione della rete dei servizi, tenuto conto dei bisogni della popolazione assistita, dei livelli di assistenza da garantire e delle risorse finanziarie disponibili. L’accreditamento delle strutture pubbliche e private rappresenta il presupposto per la individuazione dei soggetti che, secondo appositi accordi negoziali, concorrono alla erogazione delle prestazioni previste dai piani annuali e pluriennali di attività elaborati dalle Aziende Usl. Le caratteristiche essenziali dell’istituto dell’accreditamento, come definite dal D.Lgs. n. 502/1992 e successive modificazioni e dal D.P.R. 14 gennaio 1997, sono le seguenti: – l’accreditamento si applica, allo stesso titolo, alle strutture sanitarie pubbliche e private; – i requisiti funzionali all’attuazione dell’istituto dell’accreditamento sono diversi e ulteriori rispetto ai requisiti minimi autorizzativi, definiti dal D.P.R. 14 gennaio 1997; – il compito di definire i criteri per l’accreditamento e di conferire lo stato di struttura sanitaria accreditata compete alle singole Regioni e Province autonome. Le finalità dell’accreditamento conferiscono ai requisiti di qualità un carattere dinamico, in quanto devono essere costantemente aggiornati in relazione alla evoluzione delle tecnologie e delle pratiche sanitarie. I requisiti per l’accreditamento devono essere selezionati in quanto effettivamente correlati al processo e, soprattutto, ai risultati finali dell’assistenza in termini di efficacia e sicurezza per il paziente. Devono, inoltre, includere la programmazione e la realizzazione di attività formative del personale orientate alla promozione e al mantenimento della qualità assistenziale, nonché l’uso appropriato delle prestazioni e dei trattamenti. La pubblicità e trasparenza dei criteri utilizzati per accreditare i servizi può inoltre facilitare le valutazioni degli utenti e delle organizzazioni che li rappresentano, basandole su fattori soggettivi e oggettivi di misura della soddisfazione. Sotto questa luce, l’accreditamento rappresenta una condizione di esigibilità dei diritti della persona. Allo scopo di realizzare operativamente l’istituto dell’accreditamento sono indicati i seguenti obiettivi strumentali da perseguire nell’arco del triennio: – rendere operative in ciascuna Regione e Provincia autonoma i criteri e le procedure per l’accreditamento delle strutture sanitarie; – realizzare la formazione specifica di un numero adeguato di valutatori deputati a verificare il rispetto dei requisiti di qualità da parte delle strutture sanitarie che richiedono l’accreditamento, nonché la loro persistenza nel tempo; – fornire alle Regioni sostegno allo sviluppo degli strumenti tecnici per l’accreditamento, anche al fine di garantire la necessaria omogeneità sul territorio nazionale; – monitorare, anche ai fini dell’esercizio della vigilanza, con l’apporto dell’Agenzia per i servizi sanitari regionali, l’attuazione dell’istituto dell’accreditamento con riferimento al rapporto tra requisiti di struttura e processo e al rapporto tra accreditato e accreditatore. è obiettivo del Piano predisporre entro la fine del 1998 linee di guida per la garanzia dell’uniforme attuazione dell’istituto dell’accreditamento sul territorio nazionale. Un programma nazionale per la qualità I significativi cambiamenti in atto nel Servizio sanitario nazionale introducono nuove opportunità e, al tempo stesso, più stringenti necessità di gestire la qualità dell’assistenza sanitaria, sia a livello di singolo servizio sia a livello aziendale. Il Piano sanitario nazionale 1998-2000 pone come obiettivo prioritario la garanzia di adeguati livelli di qualità dell’assistenza sanitaria, sulla base di un Programma Nazionale per la Qualità. Il Programma è finalizzato a rendere sistematico l’orientamento del Ssn verso la valutazione e la promozione della qualità dell’assistenza sanitaria, coinvolgendo la dimensione professionale, quella organizzativo-aziendale e quella relazionale dell’assistenza. Gli obiettivi relativi a ciascuna di queste componenti della qualità, le attività svolte ed i risultati conseguiti dovranno essere chiaramente indicati nella Carta dei Servizi, la cui adozione da parte di tutte le Aziende Sanitarie deve essere ulteriormente favorita. Nel triennio 1998-2000 il programma pone i seguenti obiettivi strumentali: – introdurre meccanismi finalizzati a rendere vincolante e generalizzato lo sviluppo delle attività di valutazione e promozione della qualità dell’assistenza da parte degli operatori sanitari e delle strutture pubbliche e private accreditate; – organizzare all’interno di ciascun servizio modalità sistematiche di revisione e autovalutazione della pratica clinica e assistenziale, anche attraverso l’utilizzo di percorsi diagnostici e terapeutici previsti dalla legge n. 662/1996; – rivedere ed estendere il sistema di indicatori, già previsto dal 3š comma dell’art. 10 e dell’art. 14 del D.Lgs. n. 502/1992 e definito dal D.M. 24 luglio 1995 e dal D.M. 15 ottobre 1996, anche allo scopo di valutare gli effetti prodotti dal sistema di remunerazione a prestazione, nel settore dell’assistenza ospedaliera così come in quello ambulatoriale; – favorire il riconoscimento, quale parte integrante dei compiti istituzionali del personale del Ssn, della partecipazione all’attività di valutazione e promozione della qualità dell’assistenza sanitaria erogata dalle Aziende sanitarie; – orientare parte dei finanziamenti per la ricerca finalizzata del Ssn al Programma nazionale per la qualità; – incrementare le forme di valutazione sociale dei servizi, valorizzando l’apporto degli utenti e delle organizzazioni che li rappresentano. La sicurezza nelle strutture sanitarie Nell’ambito dell’obiettivo generale di tutela della salute dei lavoratori nei luoghi di lavoro, il Piano sanitario nazionale 1998-2000 pone l’obiettivo specifico di migliorare la sicurezza delle strutture sanitarie pubbliche e private. Le strutture sanitarie pubbliche e private attuano le disposizioni di prevenzione previste dai D.Lgs. 19 settembre 1994, n. 626 e D.Lgs. 19 marzo 1996, n. 242. In tutte le unità produttive: è attivato il servizio interno di prevenzione e protezione; sono attuate le misure antincendio e per l’evacuazione dei lavoratori in caso di pericolo; è elaborato il documento di valutazione dei rischi e sono attivati i corsi di formazione per il personale. In tutte le realtà produttive è completato l’adeguamento alle disposizioni di sicurezza delle strutture e degli apparecchi (in particolare di quelli elettromedicali) destinando prioritariamente a questo scopo i finanziamenti previsti dall’art. 20 della legge n. 67/1988; è assicurata, ove prevista, la tempestiva omologazione delle attrezzature da parte degli organi competenti ed è garantita l’effettuazione delle successive verifiche periodiche da parte dei Dipartimenti di prevenzione. Le Aziende Usl, cui è attribuita la competenza in materia di prevenzione e sicurezza su tutti i luoghi di lavoro, rafforzano le proprie strutture operative per poter espletare adeguatamente i compiti istituzionali di vigilanza nell’applicazione della normativa in vigore. L’integrazione tra assistenza sanitaria e sociale L’integrazione delle diverse politiche per la salute: – nasce da uno stretto rapporto tra prevenzione, cura e riabilitazione; – privilegia la continuità assistenziale tra ospedale e territorio; – valorizza i diversi centri di responsabilità; – qualifica i rapporti tra soggetti pubblici e privati; – promuove la solidarietà e valorizza gli investimenti di salute nella comunità locali. L’integrazione socio-sanitaria L’integrazione delle responsabilità e delle risorse rappresenta una condizione essenziale per migliorare l’efficacia degli interventi. Essa incide sulla continuità assistenziale, investe i rapporti tra ospedale e territorio, tra cure residenziali e domiciliari, tra medicina generale e specialistica. A questo scopo, anche in relazione ai nuovi e diversi compiti dei Comuni derivanti dalle modifiche istituzionali in itinere del D.Lgs. n. 502/1992 e successive modifiche e integrazioni, va attuata la programmazione degli interventi socio-sanitari a livello distrettuale con intese programmatiche tra le Direzioni Generali delle Aziende Sanitarie e le rappresentanze dei Comuni associati, secondo le normative regionali derivanti dall’applicazione dell’art. 3 del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 112. Nei Piani Regionali, l’integrazione deve costituire una priorità strategica, a cui destinare congrue risorse adottando anche il metodo dei Progetti Obiettivo. Sono da considerarsi prioritarie nell’integrazione socio-sanitaria le attività afferenti all’area materno-infantile; handicap; anziani, con particolare riferimento ai soggetti non autosufficienti; salute mentale; tossicodipendenza; condizioni che richiedono una assistenza prolungata e continuativa, con particolare riferimento alle patologie oncologiche e alle infezioni da HIV. In particolare, l’integrazione socio-sanitaria va attuata e verificata a tre livelli: istituzionale, gestionale e professionale. L’integrazione istituzionale nasce dalla necessità di promuovere collaborazioni fra istituzioni diverse (aziende sanitarie, amministrazioni comunali, ecc.) che si organizzano per conseguire comuni obiettivi di salute. Può avvalersi di un’ampia dotazione di strumenti giuridici quali le convenzioni e gli accordi di programma (stipulati da circa la metà delle aziende sanitarie, per tre quarti nell’area dell’assistenza agli anziani). Il distretto è la struttura operativa che meglio consente di governare i processi integrati fra istituzioni, gestendo unitariamente diverse fonti di risorse (del Ssn, dei comuni, della solidarietà locale). Il controllo direzionale dovrà consentire il monitoraggio dei processi assistenziali integrati, correlando le risorse impiegate ai risultati ottenuti. A questo scopo le Regioni, nei rispettivi Piani, preferibilmente socio-sanitari, provvedono a definire i criteri di finanziamento e gli indirizzi organizzativi, mettendo in grado le aziende Usl di programmare l’entità delle risorse da assegnare ai distretti. L’integrazione gestionale si colloca a livello di struttura operativa: in modo unitario nel distretto e in modo specifico nei diversi servizi che lo compongono, individuando configurazioni organizzative e meccanismi di coordinamento atti a garantire l’efficace svolgimento delle attività, dei processi e delle prestazioni. Sul piano gestionale vanno incrementati gli approcci multidimensionali e le modalità operative basate sulla metodologia di lavoro per progetti. Le unità multiprofessionali devono tenere conto della ripartizione delle risorse a carico del bilancio sanitario e sociale, sulla base di quanto definito dalle Regioni, utilizzando gli strumenti di contabilità analitica e dei corrispondenti centri di responsabilità. Le azioni di verifica e di valutazione sono ad essi direttamente correlati e devono essere ricavabili dal sistema informativo del distretto. Vanno a questo scopo previste procedure idonee a facilitare la valutazione dei servizi da parte degli utenti. L’integrazione professionale è strettamente correlata all’adozione di profili aziendali e Linee guida finalizzate a orientare il lavoro interprofessionale nella produzione dei servizi sanitari: domiciliari, intermedi e residenziali. Condizioni necessarie dell’integrazione professionale sono: la costituzione di unità valutative integrate, la gestione unitaria della documentazione, la valutazione dell’impatto economico delle decisioni, la definizione delle responsabilità nel lavoro integrato, la continuità terapeutica tra ospedale e distretto, la collaborazione tra strutture residenziali e territoriali, la predisposizione di percorsi assistenziali appropriati per tipologie d’intervento, l’utilizzo di indici di complessità delle prestazioni integrate. L’assistenza domiciliare integrata Curare a casa richiede un cambiamento di prospettiva sostanziale: dal malato che ruota attorno alle strutture erogatrici, alle strutture e alle professioni che assumono come centro di gravità la persona con i suoi bisogni. Questo può avvenire con diverse modalità operative di intervento a casa da parte dei servizi distrettuali. Le cure domiciliari, e in particolare l’assistenza domiciliare integrata, rappresentano una base privilegiata di azione per garantire flessibilità ed efficacia agli interventi. L’assistenza domiciliare diventa integrata (Adi) quando professionalità diverse, sanitarie e sociali, collaborano per realizzare progetti unitari, cioè mirati sulla diversa natura dei bisogni. La programmazione dell’Adi deve prevedere la complementarità tra i diversi moduli assistenziali, la valorizzazione del nursing, la collaborazione delle famiglie, tenendo conto che una stretta collaborazione tra ospedale e distretto può favorire la permanenza a casa anche di persone non autosufficienti. Condizioni necessarie dell’Adi sono: la pianificazione organica delle unità di offerta nel distretto, la valutazione multidimensionale, la globalità e intensività dei piani di cura, la continuità terapeutica degli interventi, la collaborazione tra operatori sanitari e sociali, la valutazione dei costi delle decisioni, la collaborazione della famiglia, la valutazione evolutiva degli esiti. Il buon funzionamento del sistema informativo di distretto e l’analisi sistematica dei costi correlati al livello di intensità e complessità assistenziale dei diversi centri di erogazione sono base necessaria per i nuclei di valutazione nell’attività di verifica e valutazione dei risultati conseguiti. Il distretto Il distretto rappresenta un centro di servizi e prestazioni dove la domanda di salute è affrontata in modo unitario e globale. Il distretto è struttura operativa dell’Azienda Usl; la sua autonomia gestionale è realizzata nell’ambito dei programmi approvati dall’Azienda, tenendo conto dei piani di zona dei servizi, definiti di comune intesa con le amministrazioni comunali. Le dimensioni del distretto vengono definite nell’ambito degli indirizzi organizzativi dell’art. 2 del D.Lgs. n. 502/1992 e successive modificazioni, tenendo conto delle caratteristiche del territorio e degli insediamenti umani e produttivi. Il numero di processi assistenziali e la relativa composizione delle prestazioni definiscono il suo profilo organizzativo. A parità di risorse e di produzione, i profili organizzativi dei distretti possono diversificarsi in ragione delle strategie aziendali. Il distretto è la sede nella quale sono attivabili tutti i percorsi di accesso del cittadino ai servizi sanitari garantiti con metodi e tempi certi, attraverso sistemi intelligenti, attivati in rete con tutti i soggetti erogatori di servizi e prestazioni. La ricerca della prestazione, da quella ambulatoriale al ricovero ospedaliero, dovrà essere garantita dai servizi di distretto a tutti i cittadini residenti. Il medico di medicina generale e il pediatra di libera scelta sono riferimenti immediati e diretti per le persone e le famiglie. Essi nel rapporto con gli assistiti valorizzano le funzioni educative e di promozione della salute a diretto contatto con l’utenza. Valutano inoltre i bisogni delle persone al fine di orientare e regolare l’accesso al Servizio sanitario nazionale. Nell’ambito del processo di allocazione delle risorse disponibili all’interno dell’Azienda Usl, in funzione del volume programmato di attività del distretto, allo stesso viene assegnato un determinato volume di risorse. Per ottimizzare in modo funzionale i processi di distretto, le Regioni, nei rispettivi piani, specificano le prestazioni di assistenza domiciliare, intermedia e residenziale, evidenziando le diverse fonti di finanziamento. Le risorse professionali, economiche e di altra natura presenti nel distretto sono dirette dal responsabile del distretto. Il medico di medicina generale svolge un ruolo centrale nell’operatività di distretto, insieme con gli altri profili professionali sanitari e sociali presenti al suo interno, ed è integrato nell’organizzazione distrettuale. L’azione del medico di medicina generale è valutata nel più ampio quadro dei fattori produttivi del distretto. La gestione delle risorse umane Il rapporto operatore-utente è fortemente caratterizzato dal grado di personalizzazione, di appropriatezza e di umanizzazione delle prestazioni. Per questo nella produzione di servizi alla persona il fattore umano è un elemento strategico, che influisce direttamente sulla quantità e qualità dell’assistenza oltre che sul grado di soddisfazione delle persone utenti. I processi di cambiamento del sistema sanitario e dei rapporti di lavoro nella pubblica amministrazione postulano un profondo cambiamento di mentalità, una nuova cultura professionale, l’affermazione di nuove logiche operative. In particolare, il cambiamento richiede: – la responsabilizzazione individuale e di gruppo, nel caso di prestazioni integrate, in ordine alla quantità e alla appropriatezza dei servizi prodotti; – il superamento delle visioni settoriali, centrate su interessi particolari di singoli profili professionali; – la flessibilità dell’impiego delle risorse umane, senza ancorarle a spazi, tempi e ambiti predefiniti, tenendo conto dei ruoli previsti e riconosciuti dalla contrattazione; – la revisione delle disposizioni e dei vincoli normativi e contrattuali per favorire la selezione e l’efficace reclutamento del personale; – l’utilizzo di sistemi di remunerazione che tengano conto della diversificazione quali-quantitativa dei singoli apporti, anche nell’ambito della medesima categoria professionale; – il graduale superamento dei vincoli derivanti dal rapporto di pubblico impiego, in coerenza con le esigenze di aziendalizzazione, distinguendo tra natura pubblica del servizio erogato e forme privatistiche di regolamentazione del lavoro; – la revisione della vigente disciplina delle incompatibilità, al fine di pervenire, in tempi brevi, al rapporto di lavoro esclusivo. In questo quadro evolutivo, la dirigenza è chiamata a rivestire un ruolo di assoluto rilievo; essa va pertanto selezionata in modo da: – privilegiare le competenze finalizzate alla gestione ottimale delle risorse e all’integrazione dei fattori produttivi; – distinguere tra funzioni dirigenziali con responsabilità di gestione e funzioni dirigenziali con responsabilità professionali; – promuovere la responsabilizzazione sulle scelte di chi incide nelle decisioni di spesa. Per la realizzazione di questi obiettivi, la elaborazione legislativa centrale, pur necessaria, non è efficace se ad essa non si affiancano strategie di altro livello (definizione del contratti collettivi di lavoro, attività di programmazione e verifica, direttive regionali, predisposizione di Linee guida sulle condizioni di efficacia del lavoro integrato). La formazione La formazione è strumento di ottimizzazione delle risorse umane e di cambiamento organizzativo. Essa svolge un ruolo essenziale, perché attraverso la professionalizzazione degli operatori, a partire dalla loro formazione di base, consente il miglioramento continuo delle culture e dei valori di riferimento ed accompagna e sostiene i programmi di sviluppo dei servizi. E’, pertanto, leva strategica per il completamento del processo di aziendalizzazione e va attuata nel quadro di una coerente integrazione con le politiche di organizzazione del lavoro e del personale e alla luce di una attenta previsione dei fabbisogni professionali. La formazione, per sua natura, può svolgere funzioni di implementazione qualitativa dei risultati dei servizi, contrastando le patologie organizzative. Può facilitare riconversioni professionali e gestionali e può, più in generale, caratterizzarsi come strategia per incrementare l’efficacia dei servizi. I percorsi e i piani di formazione aziendale, tenendo conto delle caratteristiche quali-quantitative del personale, medico e non medico, vanno elaborati in coerenza con gli obiettivi regionali e nazionali. In particolare, la programmazione della formazione deve essere fatta contestualmente ai programmi aziendali e con riferimento ai tre macro livelli essenziali di assistenza, indicati nel Psn. Allo scopo di garantire la razionalità e l’economicità degli interventi in materia di formazione e aggiornamento del personale sanitario, sarà curata la periodica elaborazione da parte del Governo di Linee guida rivolte alle amministrazioni competenti. Il fabbisogno di personale delle strutture sanitarie, ai soli fini della programmazione, da parte del Ministro dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica, degli accessi ai corsi di laurea e di diploma per le professioni sanitarie e della ripartizione tra le singole scuole del numero di posti per la formazione specialistica della dirigenza del ruolo sanitario, sarà determinato dal Ministro della Sanità, sentita la Conferenza Stato-Regioni. Non vanno inoltre sottovalutate le condizioni necessarie per rendere efficace la formazione. Esse non dipendono soltanto da buoni contenuti e da buo ni metodi, ma dalla capacità di riprodurre in sede formativa le radici dei problemi e di coinvolgere le responsabilità professionali chiamate a risolverli. A questo scopo è necessario collegare i programmi di formazione con verifiche preliminari sul loro impatto e sulla efficacia attesa, in coerenza con Linee guida nazionali emanate sulla materia. Essa inoltre deve basarsi, su parametri che consentono di verificare nel tempo l’effettiva traduzione operativa di quanto proposto. La formazione manageriale va potenziata e va rivolta alle categorie di operatori più direttamente impegnate nella gestione delle risorse e dei servizi, con precipua attenzione alle tecniche gestionali e alla promozione della qualità. Quando i cambiamenti e i risultati attesi dalla formazione riguardano problemi complessi, aree organiche di servizio, essa deve rivolgersi congiuntamente a tutti i destinatari interessati. Le soluzioni operative possono essere di diversa natura: gruppi interprofessionali, gruppi di servizio, gruppi interaziendali, operatori provenienti da diverse istituzioni. Le Regioni incentivano programmi di formazione e investimenti riguardanti in particolare l’area comune di formazione, cioè quella rivolta a gruppi di lavoro interprofessionali e a strutture organiche di servizio, con riferimento al lavoro per progetti, alla documentazione e alla valutazione degli interventi, alla loro umanizzazione. Nell’attività di formazione assume particolare rilievo il ruolo delle agenzie formative (pubbliche e private) operanti nel Ssn. Spetta all’ordinamento centrale e regionale definire le modalità e le procedure di accreditamento di tali agenzie nonché i criteri di scelta per l’attuazione degli interventi formativi programmati nell’ambito del Servizio sanitario nazionale. L’emanazione di Linee guida nazionali potrà facilitare il conseguimento dei diversi obiettivi, fornendo standard valutativi e riferimenti metodologici per rapportare i risultati della formazione con l’efficace attuazione dei livelli essenziali di assistenza. Ricerca, sperimentazione e sviluppo Lo sviluppo di una efficace strategia di ricerca, finalizzata a fornire le evidenze empiriche e le conoscenze scientifiche per l’elaborazione delle politiche sanitarie, la programmazione degli interventi e l’organizzazione della pratica clinica e assistenziale rappresenta una condizione necessaria per perseguire tali obiettivi e per valutare l’efficacia degli interventi. Il ruolo svolto dalla Ricerca Scientifica appare dominante ai fini di una corretta e qualificata attività di programmazione e pianificazione degli interventi mirati al miglioramento dello stato di salute della popolazione. Tutte le politiche sanitarie traggono fondamentale supporto dai risultati della ricerca biomedica e sanitaria. Caratteristiche generali di tale strategia sono: – la finalizzazione rispetto agli obiettivi prioritari del Piano sanitario nazionale 1998-2000; – il coordinamento rispetto alle politiche generali della ricerca a livello nazionale (delineate nella recente proposta di riordino presentata dal Ministero per l’Università e la Ricerca Scientifica) e internazionale (prevista nel IV Programma Quadro della Ricerca dell’Unione Europea e nel piano di ricerca dell’Organizzazione Mondiale della Sanità). Per quanto concerne la ricerca sanitaria applicata, è necessario coordinare, rispetto agli obiettivi del Psn, le attività di ricerca svolte da vari organismi dello Stato (Cnr, Murst, Inn, etc.); – la razionalizzazione, attraverso il coordinamento dell’attività di ricerca svolta dagli organi tecnico-scientifici del Ssn (Iss, Ispesl, Irccs e Izs) e lo sviluppo di progetti collaborativi multicentrici e interdisciplinari. In base a tali obiettivi generali, la Commissione Nazionale per la Ricerca Sanitaria elaborerà, entro sei mesi dalla entrata in vigore del Piano sanitario nazionale, un Programma nazionale di ricerca e sviluppo finalizzato a rispondere ai bisogni conoscitivi ed operativi del Ssn e finanziato da quote vincolate del Fondo sanitario nazionale. I fondi disponibili per la ricerca saranno ripartiti fra le diverse tipologie di ricerca, distinguendo fra ricerca corrente (Irccs) e ricerca finalizzata (comprendente tematiche biomediche e sanitarie). Sulla ricerca finalizzata dovrebbero competere tutti i destinatari istituzionali del Ministero della Sanità (Irccs, Izs, Iss, Ispels, Assr) e le Regioni (per quanto riguarda le sperimentazioni sanitarie). Tali destinatari istituzionali dovrebbero agire da capofila di progetti di ricerca che vedano la partecipazione (ed eventualmente il cofinanziamento) di Università, Cnr e ogni altro ente di ricerca. Il collegamento delle strategie e degli strumenti della ricerca sanitaria con le finalità del presente Piano sarà previsto d’intesa con i Ministeri interessati. Sulla base degli obiettivi del Piano sanitario nazionale 1998-2000, si possono identificare le principali aree di attività che il Programma Nazionale di Ricerca e Sviluppo dovrà favorire e sviluppare: 1. valutazione dell’efficacia pratica di procedure e interventi sanitari ad alta rilevanza; sperimentazione di modalità di funzionamento e organizzazione dei servizi sanitari coerenti con l’obiettivo di fornire alla popolazione interventi di provata efficacia; 2. valutazione delle forme più efficaci di trasferimento nella pratica clinica e assistenziale delle informazioni derivate dalla ricerca biomedica; 3. sperimentazione della efficienza operativa di differenti modelli gestionali e verifica del loro impatto su indicatori dello stato di salute della popolazione; 4. sperimentazione di interventi mirati ad aumentare le conoscenze della popolazione circa l’efficacia dei trattamenti e a migliorare la capacità degli operatori sanitari di comunicare con il paziente e di coinvolgerlo nelle decisioni che riguardano la sua salute; 5. valutazione dell’efficacia di tecnologie ed interventi rilevanti per il Ssn e “orfani” sul piano della sperimentazione clinica di efficacia. Per procedere in modo rapido e tempestivo nelle direzioni sopra indicate – oltre ad un impegno diretto del Ssn a livello nazionale, regionale e locale – va perseguito un collegamento con il mondo della ricerca e della produzione, allo scopo di favorire strategie orientate allo sviluppo delle aree prioritarie e al potenziamento della ricerca biomedica. In particolare, va favorito lo sviluppo della ricerca che presenta importanti opportunità di trasferimento per l’organizzazione, il funzionamento e la pratica clinica e assistenziale del Ssn. Una proficua collaborazione dovrà svilupparsi specificamente nel settore della valutazione di efficacia e di costo-efficacia di tecnologie e interventi rilevanti per il Ssn, attraverso l’identificazione delle aree nelle quali sono necessarie e fattibili “revisioni sistematiche” delle informazioni già esistenti (sviluppando sinergie e collaborazioni con le esperienze in corso in altri paesi europei), attraverso l’avvio di sperimentazioni cliniche multicentriche, secondo modelli già ampiamente collaudati nel campo della valutazione dell’efficacia di interventi diagnostici e terapeutici, nonché della valutazione dei servizi sanitari. Un’ulteriore area di collaborazione tra il Programma Nazionale di Ricerca e Sviluppo del Ssn e il mondo della produzione dovrà interessare la elaborazione di strategie assistenziali integrate per la sperimentazione sul campo di percorsi che garantiscano la migliore qualità dell’assistenza al costo più contenuto. Ricerca, sperimentazione e sviluppo I settori prioritari Il perseguimento degli obiettivi di salute e di allocazione ottimale delle risorse individuati dal Piano sanitario nazionale 1998-2000 impone la messa a punto di un complesso ed articolato Programma Nazionale di Ricerca e Sviluppo che identifichi in modo sistematico i settori sui quali investire in via prioritaria, con particolare riferimento alle seguenti aree di sviluppo: – promozione della salute e prevenzione delle malattie; – valutazione dell’impatto del sistema sanitario sulla salute e sui fattori di rischio; – valutazione dell’impatto della sanità pubblica veterinaria sulla salute umana; – analisi degli aspetti sociali ed etici delle attività sanitarie; – analisi e valutazione dei bisogni informativi degli utenti e di modelli comunicativi efficaci; – analisi e valutazione economica degli interventi sanitari; – studio e sperimentazione di Linee guida cliniche e organizzative e relativa valutazione di impatto; – analisi economica dei settori produttivi operanti nell’ambito del sistema sanitario; – valutazione dell’impatto economico e organizzativo delle tecnologie sanitarie; – sviluppo e sperimentazione di nuovi modelli organizzativi e gestionali; – sperimentazione e valutazione degli effetti dei diversi sistemi di remunerazione sulla appropriatezza degli interventi e sullo stato di salute della popolazione; – valutazione dell’impatto di modelli di intervento integrato socio-sanitario sulla salute. Allegato Documenti e provvedimenti del triennio 1998-2000 Con il Piano sanitario nazionale 1998-2000 prende il via un processo di trasformazione strutturale e qualitativa dei servizi e delle prestazioni sanitarie con riferimento agli obiettivi di salute e alle strategie necessarie per il cambiamento. è un patto di solidarietà per la salute. La sua efficacia dipende quindi da come le diverse responsabilità istituzionali, professionali e comunitarie sapranno dare significati unitari alla loro azione: trasformando gli obiettivi nazionali in progetti regionali, investendo nella qualificazione delle risorse umane, attuando soluzioni organizzative e gestionali efficaci, adeguando gli standard quantitativi e qualitativi, garantendo i livelli essenziali di assistenza su tutto il territorio. I miglioramenti del sistema, per diventare efficaci, hanno bisogno di mettere radici negli assetti organizzativi, nelle prassi operative, nei comportamenti professionali. A questo scopo il Ministero della Sanità nel Piano sanitario nazionale 1998-2000 darà continuità alla funzione programmatoria fornendo indirizzi, linee guida, e indicando soluzioni facilitanti il conseguimento degli obiettivi di piano. La funzione di accompagnamento, monitoraggio e valutazione che il Ministero svilupperà nel triennio sarà finalizzata soprattutto a facilitare i percorsi gestionali e a dare unitarietà ai comportamenti professionali, sulla base di evidenze scientifiche e standard condivisi dalla comunità internazionale. A questo scopo, sarà istituito presso il Dipartimento della Programmazione del Ministero della Sanità un Osservatorio sull’attuazione del Psn per la verifica dell’attuazione degli indirizzi del Piano sanitario nazionale, per il monitoraggio dei livelli di assistenza e dell’utilizzo delle quote vincolate del Fondo Sanitario Nazionale. I lavori dell’Osservatorio saranno presentati alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome. Nella elaborazione dei documenti di indirizzo e nel monitoraggio della attuazione del Piano sanitario nazionale verrà privilegiato il metodo del confronto e della collaborazione con le Regioni e con gli altri attori del patto di solidarietà per la salute, tenendo conto delle questioni aperte e incidenti nel conseguimento degli obiettivi, quali la revisione del D.Lgs. n. 502/1992 e successive modificazioni, l’eventuale approvazione della legge quadro sull’assistenza sociale agli effetti dell’integrazione sociosanitaria, l’attuazione del decreto di conferimento di funzioni e compiti amministrativi alle Regioni e agli enti locali. Le priorità con cui il Ministero della Sanità darà seguito al processo avviato con l’approvazione del Piano sanitario nazionale 1998-2000 sono indicate nel successivo elenco, che anticipa i primi documenti che verranno predisposti nel corso del triennio di validità del Piano. I centri di responsabilità coinvolti, pur non esplicitati, sono insiti nella natura dei diversi provvedimenti da adottare, in ragione degli apporti propri dei contraenti il patto di solidarietà per la salute. Documenti e provvedimenti del triennio 1998-2000 Adempimenti prioritari Documenti di indirizzo[*]Criteri di accesso ai fondi vincolati agli obiettivi di Piano (comma 34-bis, art. 1 L. n. 662/1996)ICriteri di remunerazione delle attività escluse dal sistema di remunerazione a prestazioneILinee guida per l’autorizzazione e l’accreditamentoAAttuazione del decreto di revisione del sistema di partecipazione al costo delle prestazioni e del regime delle esenzioniP-ITessera sanitariaIDisciplina delle forme integrative di assistenza in rapporto ai livelli essenziali di assistenzaIInquinamento da onde elettromagnetichePSicurezza delle strutture sanitariePSalute e politiche ambientali in materia di rifiutiPSalute e politiche dell’energiaPSalute e approvvigionamento idricoPLinee guida per la prevenzione, l’igiene e la sicurezza nei luoghi di lavoroALinee guida per l’autorizzazione e l’accreditamento delle strutture che erogano servizi ad elevata integrazione socio-sanitariaARequisiti minimi per la medicina termalePLinee guida per la riabilitazioneALinee guida per l’assistenza ai pazienti in fase terminaleALinee guida per le malattie reumaticheALinee guida per le malattie dell’apparato cardio-respiratorioALinee guida per le malattie del sistema nervoso centraleALinee guida per le nefropatieALinee guida per il diabeteALinee guida per il sangueALinee guida per l’organizzazione dipartimentaleALinee guida per l’uso appropriato dei farmaci ALinee guida per gli screening in oncologia, ivi compresa la conferma diagnostica dei casi sospetti di tumore identificati mediante programmi di screeningALinee guida per la formazione del personaleALinee guida per la gravidanza, il parto e per la salute riproduttivaALinee guida per le cure ospedaliere pediatriche, la pediatria di famiglia e di comunitàALinee guida per le malformazioni congenite e le malattie geneticheALinee guida per la riorganizzazione della sanità pubblica veterinariaADocumenti di approfondimento[*]Le diseguaglianze nei confronti della salutePDifferenze nella salute secondo la storia lavorativaPFinanziamento del Ssn, decentramento fiscale e sistemi di perequazionePLivelli di assistenza nel 1994-96PControlli e contrattiPOsservatorio acquisti e prezziPListe di attesaPLibera professione intramurariaPLinee guida cliniche[*]Diagnosi precoce e trattamento delle ipercolesterolemieIMal di schienaIBroncopolmoniteIAsma bronchialeIUlcera pepticaIGravidanza fisiologicaIIpertensione arteriosaIAngina pectorisINeoplasie della mammellaINeoplasie della cervice uterinaIVaccinazione antiinfluenzaleIProfilassi antibiotica in chirurgiaIDiagnostica pre-operatoriaIChirurgia elettiva erogabile in regime di ricovero diurnoIProgetti Obiettivo[*]Progetto obiettivo Anziani e Non AutosufficientiIProgetto obiettivo Salute MentaleIProgetto obiettivo TossicodipendenzeIProgetto obiettivo Salute degli ImmigratiIProgetto obiettivo Materno-infantileIProgetto obiettivo per l’Alimentazione e la NutrizioneIProgetto obiettivo AidsI__________(*) Legenda: I INTESA con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Provincie Autonome,A ACCORDO con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Provincie Autonome,P PARERE della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Provincie Autonome. _______________ (1/circ) Con riferimento al presente provvedimento sono state emanate le seguenti circolari: – Ministero della sanità: Circ. 7 aprile 1999, n. 5.

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