Libera prescrizione veterinaria. Come non farci ingannare.

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LIBERA PRESCRIZIONE DEL FARMACO VETERINARIO

SIVELP propone da tempo che al veterinario sia riconosciuta la facoltà di prescrivere anche i farmaci ad uso umano “secondo scienza e coscienza”, rispettandone il ruolo di professionista della Sanità. Egli è in grado di scegliere secondo basi scientifiche ed il suo ruolo non può essere limitato a quello di trascrittore di foglietti informativi, che qualcuno vorrebbe riservarci.

Lo scopo della proposta è quello di dare accesso alle cure più appropriate ed economiche, senza i vincoli del nome commerciale, sul modello di quanto succede in umana, dove il medico è tenuto a prescrivere il PRINCIPIO ATTIVO (non il nome commerciale) si tratti di bambini, anziani, maschi, femmine, grandi, piccoli, affetti da determinate patologie o da altre ecc.
Alcuni stanno cercando di far passare nei media un messaggi diversi, incoerenti con la proposta SIVELP.

– 1° Dare al Veterinario la distribuzione diretta del farmaco veterinario.

Questa situazione è comune nel resto d’Europa, dove non esiste l’esclusiva di grossisti e farmacisti (si tratta della motivazione più importante che inibisce nella UE l’accesso dei veterinari anche al farmaco umano, perché in tal caso avrebbero di fatto un principio legale per vendere direttamente TUTTI i farmaci). Occorre precisare che la proposta (DIVERSA!), ma pienamente condivisibile sotto il profilo della tutela del nostro reddito, non rappresenta al momento una motivazione per prezzi più bassi ai proprietari e tutela dalle sanzioni dei colleghi. Infatti il farmaco verrebbe ricaricato allo stato attuale dell’IVA dal 10% al 22% ed incluso nella prestazione, in questo modo i margini rimangono molto esigui e sarebbe comunque difficile offrire soluzioni migliori della rete di distribuzione attualmente strutturata. Questa proposta si scontra con l’esclusiva, italiana, dei farmacisti nella vendita del farmaco; finora le normative UE non hanno significativamente inciso su questa prerogativa e pare improbabile che possa farlo la VETERINARIA. Inoltre si aprirebbero nuovi scenari nel mettere in discussione le competenze di altre professioni protette: chi giustificherebbe, ad es., che le farmacie non possano erogare prestazioni “veterinarie”, come profilassi, terapie o piccola chirurgia?

– 2° Far calare i costi non del farmaco, ma delle prestazioni veterinarie, attraverso l’abbassamento dell’IVA.

Altra proposta (DIVERSA!), meritoria e condivisibile in linea generale, che tuttavia appare alquanto populista in un momento di carenza di risorse. Il calo dell’IVA sulle prestazioni veterinarie rappresenta la riduzione di un’imposta che dobbiamo caricare sulla prestazione e versiamo allo Stato. Pur avendo -l’iva ridotta- un impatto generale positivo sulla parcella finale, non raggiunge gli obiettivi di riportare alla decenza il reddito dei veterinari, oggi tra i più bassi in assoluto. Proprio perchè togliere imposte non equivale ad aumentare le parcelle. In questo caso il farmaco veterinario rimarrebbe nelle farmacie ed i relativi costi non potrebbero comunque colmare i divari esistenti oggi, in molti casi, tra la filiera del farmaco umano e quella, talvolta parallela, del farmaco veterinario.

– 3° Promuovere il “generico veterinario”.

Il “farmaco generico” è un medicinale con identico dosaggio di principio attivo e identica biodisponibilità del corrispondente di marca con brevetto scaduto.  Allo scadere dei brevetti le aziende possono produrre dei farmaci “generici” e questo si verifica già anche in veterinaria: ad esempio ci sono molti antiparassitari con identici principi attivi di cui è scaduto il brevetto. Anche in questo caso le logiche (corrette e del tutto normali) del mercato, non sono quelle di favorire il prezzo più basso in confronto all’umana, ma quelle di proporre alternative che sottraggano fette di mercato ad altri prodotti. In veterinaria i mercati sono enormemente inferiori all’umana, per cui le aziende avranno interesse a commercializzare simili presidi farmaceutici solo dove il mercato prometta spazio (es. antiparassitari). Comunque il riferimento sarà sempre quello di offrire uno “sconto” rispetto al farmaco più conosciuto e famoso, che sia il minimo indispensabile per renderlo conveniente, mantenendo nel contempo il massimo guadagno possibile. Per questo -razionalmente- il “generico veterinario” non avrà mai il costo basso dell’identico umano, e pur auspicando lo sviluppo ulteriore di questo mercato, che avviene comunque dove vi è un profitto da ricavare, non possiamo aspettarci “sacrifici” dalle aziende per farmaci senza ritorno economico. Per queste ragioni chi suggerisce questa alternativa (DIVERSA) alla nostra proposta non può essere considerato in buona fede.

SIVELP CONTESTA L’ATTUALE RICORSO “SOLO ECCEZIONALE” AL FARMACO UMANO IN TERMINI DI PURA COERENZA SCIENTIFICA (principi attivi) e COMPETENZA PROFESSIONALE (adeguata formazione per esercitare il diritto di prescrivere “secondo scienza e coscienza”).

SIVeLP

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