Lettera a SIVELP. Riflessioni su “Io non ci sto” di C. Bernasconi (30giorni).

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Alla fine della lettura dell’articolo della collega Bernasconi pubblicato sulla rivista 30 GIORNI di ottobre 2014 mi sono chiesto quale voleva essere il senso delle sue parole.

Se riteneva di sollecitare a comportamenti economicamente corretti a fronte di una medicina veterinaria definita di serie A, ritengo che l’impostazione data non porti necessariamente a tale risultato, considerando la parzialità e la superficialità degli argomenti addotti.

Se riteneva di finalmente rimarcare la suddivisione (arbitraria) in categorie degli appartenenti all’Ordine dei Veterinari, valutazione che da anni circolava verbalmente nei dibattiti privati ai convegni o nelle chiacchiere tra colleghi, sono contento che finalmente questa venga messa per iscritto. Ognuno farà le proprie considerazioni.

Se voleva sollevare un vespaio… obbiettivo raggiunto!

Personalmente ho trovato molto riduttivo che nella presunta categoria di serie B siano inseriti i colleghi che hanno come solo scopo le prestazioni a basso costo. Perché non inserire anche la Veterinaria che specula , che utilizza in maniera eccessiva i presidi diagnostici e terapeutici, che sfrutta e sottopaga, o non paga, i giovani colleghi. Non possiamo scandalizzarci per i colleghi che lavorano per poco e non per quelli che sono sottopagati! Tanti di questi colleghi oggi esercitano con scarsa serenità e con la difficoltà di versare i contributi.

Allora quante veterinarie ci sono?

E’ sufficiente la serie B o allarghiamo i campionati alla serie C alla D etc. etc..

Chi stabilisce quante serie, chi deve essere ammesso in ogni categoria, quali criteri per promozioni o retrocessioni?

Queste distinzioni poi ingenerano un enorme rischio, soprattutto in chi è chiamato a valutare l’operato dei colleghi.

Come si può essere tranquilli se chi appartiene ad organismi di controllo, facendo proprie tali distinzioni, valuta con un pregiudizio di merito!

La legittima suspicione potrà essere sempre invocata. La valutazione di un collega deve essere la più serena possibile, non ignorando quanto il giudizio di un Ordine Professionale possa riflettersi sulle decisione, ormai sempre più frequenti, della magistratura ordinaria.

Personalmente credo che la veterinaria sia una e una sola, certo con tutte le contraddizioni che ogni settore professionale, non soltanto il nostro, presenta in Italia. Dall’eccesso di facoltà , al numero dei laureati, dal livello della preparazione universitaria, dalla difficoltà di ingresso nel mondo del lavoro, dalla riduzione rispetto al passato delle opportunità lavorative, dalla presenza di studi-ambulatori – cliniche ed ospedali veterinari che offrono, legittimamente, servizi tra loro diversi peraltro in differenti parti del nostro Paese. Certamente tutte queste osservazioni non vogliono creare indulgenza nei confronti dei colleghi che svolgono l’attività professionale in modo scorretto. In quei casi la relativa sanzione si basa su quanto fatto; non certo su classe di appartenenza o sul valore della parcella o dal rigoroso rispetto dei protocolli.

Il compito di ogni collega è sicuramente di svolgere al meglio la professione con competenza, con onestà intellettuale, con dedizione, con studio costante, con conoscenza di tutte le opportunità

diagnostiche, terapeutiche e chirurgiche. Soprattutto, se mi permettete, dei propri limiti professionali.

Ciò al fine di poter di trasmettere tutte le informazioni possibili perché i proprietari possano scegliere quanto fare per il proprio animale d’affezione ed eventualmente a quale professionista rivolgersi.

Il costo della prestazione, a mio parere, non è il fine della nostra professione ma il mezzo per offrire maggiori opportunità.

Credo che tutti noi in questo periodo di profonda crisi siano alle prese con le difficoltà economiche di parte della clientela e talvolta non è facile decidere come comportarsi.

Personalmente come non apprezzo la distinzione in Veterinaria di serie A e B, cosi anche che la clientela possa essere suddivisa in base alle capacità economiche.

Credo che tutti siamo, a volte, alle prese con limiti imposti che ci spingono soprattutto a scelte analitiche, terapeutiche ed anestesiologiche compatibili con le capacità di spesa, purché i presidi terapeutici od anestesiologici siano presenti nella farmacopea veterinaria.

Importante è suggerire sempre di cautelarsi con documenti che possano testimoniare che il nostro operato è frutto purtroppo di limiti di spesa.

Quali poi siano le situazioni in cui si pretende che i Veterinari esercitino come cinquant’anni fa sarebbe stato opportuno che venissero spiegate ( le situazioni o le persone che??). Senza contare che tale giudizio risulta ingeneroso su chi (peraltro con redditi che noi neanche ci sogniamo), a modo suo, ci ha aperto la strada che, condivido, è stata tanta e ci ha permesso di chiudere un gap con le realtà veterinarie di altri paesi. Sicuramente esistono istituzioni che vorrebbero scaricare facilmente sulla Veterinaria Privata la difficoltà economico-sociali del Paese.

Questa mia non voglio venga semplicemente interpretata come una polemica; il che sarebbe fuori luogo. Bensi uno stimolo per tutti i colleghi ad esprimersi su questi ed altri argomenti di interesse per la categoria.

Spesso, e qui faccio anche il mio mea culpa, lasciamo i nostri rappresentanti soli a decidere salvo criticarli. A noi il compito di partecipare maggiormente uscendo dalla nostra pigrizia se non dalla nostra anarchia , a loro di coinvolgerci di più, evitando di farci sentire popolo e loro di essere da noi considerati alla stregua di come consideriamo i nostri politici.

Dr. Antonio Dominione – SIVeLP MI.

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